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Fuga. 18 maggio 1916

    COMANDO DEL 3° REGGIMENTO FANTERIA
    ORDINE DEL GIORNO 18 MAGGIO 1916.

    La sera del 16 corrente i soldati dell’ IIA Compagnia

    R…….. Antonino

    V…….. Domenico

    C…….. Salvatore

    C…….. Carmelo.

    mentre trovansi in servizio di vedetta a Javorcek abbandonarono il posto e, come si presume, passarono al nemico.
    Tali fatti vili, esecrandi, ignominiosi, che vanno indubbiamente a disdoro del buon nome del Reggimento e della Brigata, riempiono di sdegno e di dolore me e, sono sicuro, anche voi tutti, o bravi fucilieri del 3° Piemonte, che in ogni occasione avete dimostrato fiero sentimento del dovere, elevato spirito di abnegazione e di sacrificio invitto animo, temprato all’asprezza de disagi e dei pericoli.
    Dall’inizio della campagna ad oggi mai era avvenuto nel Reggimento che militari si fossero resi colpevoli di simili infami reati, che apportano il gravissimo castigo delle nostre leggi e l’onta di disonore immanente.
    Tali indegni soldati d’Italia, se sfuggiranno al piombo della giustizia di guerra, non si sottrarranno però all’inesorabile vendetta della coscienza morale di tutto un popolo, che li condannerà ad un perpetuo ostracismo, additandoli come degeneri figli di questa magnifica epopea nazionale, per la quale si combatte e si muore.
    Il nome degli spergiuri che non esitarono di fronte alla solennità del giuramento prestato di tradire la loro patria ed il loro RE, verrà scritto a carattere nero nella storia del Reggimento e nell’albo pubblico del loro paese natio perché sia oggetto di disprezzo da parte di tutti i cittadini e di tutti coloro che sono e che saranno sotto le bandiere.
    Pensate, o soldati del 3° Piemonte, le gravi conseguenze morali ed economiche che la colpa del figlio, del marito e del padre avrà sui genitori, sulla moglie e sui figli. Verrà tolto il sussidio del pane che la provvida e patriottica opera dei governanti aveva loro assegnato, verrà subito represso il trepidante amore di sposa e troncato l’incipiente affetto filiale; giungerà infine terribile la maledizione dei sofferenti e vecchi genitori, che il grave dolore porterà anzi tempo alla tomba.
    Sono convinto che i reati di cui si macchiarono i predetti soldati dell’IIA Compagnia non si ripeteranno più nel Reggimento.
    Ordino intanto che tutti i Comandanti di reparto illustrino personalmente quanto sopra ai loro dipendenti, ed esplichino per l’avvenire su di essi una continua, attiva, oculata opera di educazione, di vigilanza e di prevenzione, comunicandomi subito le più piccole manifestazioni, le più piccole dicerie che rivelino stanchezza o disordine morale nel reparto.

    IL COLONNELLO COMANDANTE DEL REGGIMENTO

    ITO Riccieri[1]

    in rosso:
    Ordine del giorno completo del Capitano Carmelo Basile[2] e firmato dal Colonnello di Reggimento


    Note

    [1] Fulvio Francesco Riccieri (Perugia, 21 aprile 1862 – Duino, 22 giugno 1917) è stato un generale italiano, comandante della Brigata Puglie nel corso della prima guerra mondiale, decorato con la Croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia, una Medaglia d’argento al valor militare e una Croce al merito di guerra. Nacque a Perugia il 21 aprile 1862. Arruolatosi nel Regio Esercito, entrò come Allievo ufficiale nella Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena, dalla quale uscì nel 1882 con il grado di sottotenente assegnato all’arma di fanteria, in forza al 44º Reggimento fanteria. Nel 1894 fu trasferito dall’84º Reggimento fanteria all’83°. Nel 1903 risultava assegnato come capitano allo Stato maggiore della Divisione militare di Genova, e nel 1906 fu trasferito dal 54º Reggimento fanteria al 46°.
    Nel 1908 risultava in servizio presso il 46º Reggimento fanteria della Brigata Reggio, allora al comando del maggiore generale Felice de Chaurand de Saint Eustache.
    Fu promosso maggiore il 1 aprile 1909, e tenente colonnello il 2 ottobre 1913. All’atto dell’entrata in guerra del Regno d’Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, comandava il II Battaglione del 15º Reggimento fanteria della Brigata Savona, allora al comando del maggiore generale Camillo Morra. Il 24 luglio dello stesso anno fu nominato comandante del 3º Reggimento fanteria della Brigata Piemonte, ricoprendo tale incarico fino al 10 luglio 1916, quando venne sostituito dal colonnello Giuseppe Donaudi. Divenuto colonnello brigadiere, il 3 agosto 1916 assunse il comando della Brigata Puglie, in sostituzione del colonnello Pietro Agliana, e il 28 dicembre dello stesso anno venne insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia “motu proprio” del Re Vittorio Emanuele III. Con Decreto Luogotenenziale del 31 maggio 1917 fu promosso al grado di maggior generale.
    Rimasto gravemente ferito in combattimento a Flondar, nei pressi del massiccio del Monte Ermada il 4 giugno 1917, fu catturato sul campo di battaglia e trasportato presso l’ospedale di Duino, dove si spense il giorno 22 dello stesso mese. Seppellita inizialmente nel cimitero di guerra di Ronchi dei Legionari, l’11 novembre 1938 la salma venne traslata e tumulata nel Sacrario militare di Redipuglia, dove si trova tuttora insieme a quelle del generale d’armata Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta, comandante della 3ª Armata, dei tenenti generali Antonio Edoardo Chinotto, Giuseppe Paolini e Giovanni Prelli, del brigadiere generale Tommaso Monti, e di altri 100.187 caduti della prima guerra mondiale, di cui 39.857 noti e 60.330 ignoti. Sposato con la signora Francesca Gorreta, la coppia ebbe tre figlie, Adelia, Erminia, e Margherita.
    Una targa alla memoria è stata affissa il 30 ottobre 1923 in via Deliziosa da parte dell’Amministrazione Comunale di Perugia.(fonte)

    [2] Carmelo Basile è lo zio di Maria Antonietta Basile, moglie di  Luigi Marziani (Senigallia, 26 agosto 1900  – Roma 16 agosto 1977) Odontoiatra. Esperto in Chirurgia orale, di fama internazionale per aver sperimentato il primo impianto sottoperiosteo a griglia di Tantalio.(fonte)

    Il contesto

    La battaglia degli Altipiani fu lo scontro che, durante la prima guerra mondiale, ebbe luogo nella primavera del 1916 sugli altipiani di confine tra Veneto e Trentino tra l’Imperiale e regio esercito austroungarico e il Regio esercito italiano, comandati rispettivamente da Franz Conrad von Hötzendorf e Luigi Cadorna. La battaglia è nota con il nome di Offensiva di primavera (in tedesco Frühjahrsoffensive) o anche Offensiva di Maggio o Offensiva del Sud Tirolo (in tedesco Maioffensive o Südtiroloffensive).
    L’offensiva austriaca è poi conosciuta impropriamente in Italia anche con il termine di Strafexpedition (in italiano Spedizione punitiva). Questa denominazione non trova alcun riscontro nella documentazione ufficiale austriaca del tempo ed è considerato di origine popolare italiana per sottolineare la presunta volontà dell’Austria di punire l’Italia per l’entrata in guerra a fianco dell’Intesa. Questa fu anche l’unica offensiva austriaca sul fronte italiano tra l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915 e l’offensiva di Caporetto dell’ottobre 1917. La battaglia durò dal 15 maggio 1916 al 27 luglio 1916. L’offensiva austriaca si esaurì il 16 giugno 1916; da quella data fino al 27 luglio ebbe invece luogo la controffensiva italiana.

    Questa battaglia segnò la volontà austriaca di condurre un’offensiva su grande scala che avrebbe permesso all’esercito imperial-regio di invadere la pianura veneta e isolare il fronte dell’Isonzo dal resto della penisola italiana. Tuttavia, le difficoltà logistiche dell’Austria-Ungheria, l’Offensiva Brusilov sul fronte orientale, e l’afflusso di rinforzi italiani decretarono il fallimento dei piani asburgici, con l’esercito imperial-regio che decise di ripiegare su posizioni più facilmente difendibili. Si stima che, al termine della battaglia, le perdite italiane ammontarono a quasi 150.000 uomini e quelle austriache a circa 83.000 uomini.(fonte)

    Regolamenti

    Le «Norme per il servizio di trincea e di riserva alla fronte carsica›› del 91° reggimento di Fanteria Imperial-Regio, tradotte dalla Sezione informazioni del Comando 3a Armata, indicavano le modalità di comportamento nei confronti dei disertori.

    «Modo di contenersi verificandosi tentativi di diserzione». Ogni Ufficiale e ogni soldato ha l’assoluto dovere di impedire la diserzione e, in casi speciali, facendo anche immediato uso delle armi. L’indulgenza o la negligenza a questo riguardo sono punite dalla legge come un delitto. Accertato un tale fatto, se ne darà sollecita comunicazione, agli effetti del procedimento penale, adducendo tutte le testimonianze e i particolari del caso. Ogni disertore verrà tolto subito dalla situazione e se ne notificherà l’avvenuta diserzione (indicando esattamente i connotati personali e le circostanze nelle quali questa si è verificata), perché venga sospeso il sussidio alla famiglia. Presso le unità od i reparti nei quali le diserzioni si verificano con maggiore frequenza, nessun uomo, senza l’ordine di un Ufficiale, dovrà uscire dal parapetto della trincea. Questa potrà essere varcata solo in certi punti fissati dal Comando delle truppe e con permesso scritto, ovvero in presenza di un Ufficiale. Contro coloro che contravvenissero a quest’ordine si sparerà senza preavviso. Le pattuglie, le vedette ed i posti d’ascolto saranno composti soltanto con uomini fidati; per la composizione delle prime provvederanno i Comandanti di battaglione personalmente.
    La circolare n.157/2 del 7 ottobre 1918 «Necessità di ostacolare le diserzioni›› del Comando della 38a Divisione Honvéd informava le truppe della pena di morte inflitta per il reato di diserzione e di severe ritorsioni nei confronti della famiglia del reo. Fonte. L’Esercito Austro-Ungarico nella Grande Guerra. Rivista Militare 6 dicembre 2007


    ESERCITO ITALIANO
    COMANDO SUPREMO

    Noi conto cavaliere di gran croce Luigi Cadorna, capo di stato maggiore del R. esercito;

    Visto l’art. 25l del Codice penale per l’esercito;

    ORDINIAMO:

    Art. 1.
    È punito con la pena comminata dall’articolo 137 Codice penale esercito:
    a) il militare che, trovandosi alle dipendenze dell’esercito mobilitato o che ti sia stato, comunque destinato, si renda colpevole di diserzione da unità o reparti diretti alla prima linea, ovvero che sia in in procinto di partire por la linea stessa ¡
    b) il militare appartenente ad un reparto di prima linea, i quale, essendosene allontanato per servizio, licenza o altra ragione, con) l’obbligo di ritornarvi, non abbia raggiunto senza giusti motivi il suo riparto entro le 24 ore dal termine stabilito;
    c) il militato che, destinato ad un reparto che si trova in prima linea o che sia in procinto di recarvisi, si sia presentato al suo corpo senza giustificato motivo, dopo trascorse 24 ore dal termine prefissogli. I militari antidetti si considerano incorsi di pieno diritto nel reato di diserzione col solo decorso delle 24 ore.

    Art. 2.
    I militari già condannati una volta per diserzione dai tribunale di guerra o da quelli territoriali, i quali incorrano la seconda volta nel reato di diserzione previsto dagli articoli 138 e 139 Codice penale esercito saranno, dopo la condanna, rinviati in un reparto operante e l’esecuzione della pena resta sospesa. Il presidente del tribunale avvertirà il colpevole che, incorrendo per la terza volta nello stesso reato, sarà punito a norma dello art. 4 del presente bando. Di tale ammonimento sarà fatta menzione nel verbale di udienza.

    Art. 3.
    I militati pei quali un primo procedimento per diserzione fu sospeso, a’ sensi dell’art. I del decreto Luogotenenziale 4 febbraio 1917, n. 187, che incorrano in una seconda diserzione di competenza dei tribunali di guerra, saranno giudicati anche per la prima diserzione e puniti a’ sensi dell’art. 145 Codice penale esercito, qualora risultino colpevoli di entrambi i reati. In questo caso saranno loro applicate le disposizioni dell’articolo precedente, per quanto riguarda la sospensione dell’esecuzione della pena, l’invio ad un reparto operante e l’avvertimento del presidente.

    Art. 4.
    Il militare che, dopo la condanna per due diserzioni da qualunque tribunale emanata o dopo ricevuta l’ammonizione si renda responsabile di un altro reato di diserzione sara punito a norma dall’art. 137 Codice penale esercito. Dal Comando supremo, addi li agosto 1917. 11 capo di stato maggiore dell’esercito: L. Cadorna.

    da: Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia N. 222 del 19 Settembre 1917 parte ufficiale e parte non ufficiale


    Poiché la nostra forza si misura sulla quantità delle credenze che abbiamo abiurato, ognuno di noi dovrebbe concludere la propria carriera come disertore di tutte le cause.

    Emil Cioran, La caduta nel tempo, 1964


    Ototopia: Sincronicità