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Lega Fiumana, 1975

    Lega Fiumana, 1975
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    Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia[1]
    Comitato Provinciale
    LEGA FIUMANA – ROMA

    Celebrazione
    S. VITO E MODESTO
    1975

    Nella ricorrenza della Festa dei SS. Patroni
    di Fiume Vito e Modesto[2], Domenica 29 Giugno
    1975, alle ore 10,45 verrà celebrata la tradizio-
    nale S. Messa annuale nella Chiesa di S. Marco
    del Quartiere Giuliano Dalmata[3], e successivamen-
    te avrà luogo la riunione conviviale presso il
    noto Ristorante « PICAR » all’EUR.

    I partecipanti, dopo la S. Messa, potranno
    visitare l’Archivio Museo Storico della nostra Cit-
    tà (Via Cippico, 10).

    La S.V. e Famiglia sono invitati a partecipare alla manifestazione.

    Il Consiglio Direttivo

    PROGRAMMA

    Domenica 29 Giugno

    Ore: 9,00 – Nel Campo del Convitto Femminile di
    Via Cippico (g.c.), avrà luogo un incontro di
    palla-canestro tra le vecchie glorie fiumane (ex
    giocatori. della Soc. Giuliana) ed i giovani.

    Ore 10,45 – S. Messa, che sarà officiata dal Sa-
    cerdote fiumano R.mo Don Severino Scala.

    Presente il Gonfalone di Fiume.

    Ore 13,30 – Pranzo conviviale al Ristorante PI-
    CAR (EUR – Parco Divertimenti – Via Dell’Arti-
    gianato, 23).

    Prenotazioni presso il Comitato Provinciale ANVGD –
    Piazza della Pigna, 6 – Tel. 6790065 – 687133 e presso il
    Sig. Amoruso Sergio (Negozio – Tel. 593007).

    INDEFICIENTER


    Note

    n.b Nello stesso anno, appena 5 mesi dopo la celebrazione qui ricordata, viene siglato il trattato di Osimo.

    Il trattato di Osimo (in francese Traité d’Osimo; in inglese Treaty of Osimo; in serbo-croato Osimski ugovor) è un accordo, siglato a Osimo il 10 novembre 1975 tra i ministri degli affari esteri di Jugoslavia e Italia, con cui si fissarono in maniera definitiva i confini tra i due Paesi nel cosiddetto Territorio Libero di Trieste a seguito del Memorandum di Londra del 1954.
    Esso concluse la fase storica iniziata nel 1947 con il trattato di pace di Parigi, allorquando si decise la cessione alla Jugoslavia di gran parte della Venezia Giulia (Fiume e le isole del Quarnaro, la quasi totalità dell’Istria e gli altopiani carsici a est e nord-est di Gorizia) e la creazione del Territorio Libero di Trieste comprendente l’attuale provincia di Trieste e i territori costieri istriani da Ancarano a Cittanova (oggi rispettivamente in Slovenia e Croazia). La mancata attivazione delle procedure per la costituzione degli organi costituzionali del TLT impedì di fatto a quest’ultimo di nascere. La successiva cessione del potere di amministrazione civile del TLT rispettivamente all’Italia (zona A) e alla Jugoslavia (zona B) creò le condizioni per gli sviluppi successivi che portarono al trattato di Osimo.(fonte)

    [1] L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) è un’associazione italiana di esuli dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia.
    In base alle informazioni del sito web di tale organismo la costituzione risale al 1947 a Milano. Secondo Mario de Vidovich, esule da Zara, fu fondata a Roma il 20 giugno 1948 con la partecipazione di ottanta comitati provinciali di esuli istriani, fiumani e dalmati già attivi nelle singole realtà locali. All’inizio le associazioni di profughi erano tante e diversificate. L’ANGVD fu l’unica a strutturarsi a livello nazionale, caratterizzandosi fin dall’inizio per una spiccata fede religiosa ed un impegno ideologico apartitico. Secondo le ricerche archivistiche di Silvia Arrigoni nella sede nazionale dell’ANVGD, a Roma: “Nel 1948 questo insieme variegato di profughi si denominava Comitato Nazionale per la Venezia Giulia e Zara.
    Si trasformò in Associazione Nazionale per la Venezia Giulia e Zara, per assumere poi definitivamente il nome attuale, ovvero Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Nel febbraio 1947 si era tenuta un’assemblea a Bologna, la prima, che cercava di dare un corpo unitario alle organizzazioni sorte in Italia. Era evidente a tutti che soltanto un’organizzazione unita, compatta e forte avrebbe potuto conseguire dei risultati ed avrebbe potuto far sentire la propria voce presso i numerosi interlocutori governativi cui l’Associazione doveva rivolgersi se intendeva perseguire gli obiettivi che si era posta”.
    Nel 2013 scrive Paolo Scandaletti: A seguito del pieno rientro di Trieste in Italia, ma con la rinuncia al restante territorio, nel 1954 si verifica la scissione dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), accusata dall’interno di essere filogovernativa. Ne escono quasi in trentamila, circa un terzo degli iscritti, e nasce l’Unione degli Istriani.(fonte)

    [2] Arturo Maineri de Meichsenau, noto anche come Arturo Meichsner de MeichsenauArturo von Meichsner o Arturo de Maineri (Fiume, 4 aprile 1904 – Cagliari, 13 ottobre 1966) è stato un politico e matematico italiano.
    Discendente di una famiglia del Patriziato di Norimberga e di militari dell’Impero austro-ungarico, aderì al fascismo dopo la presa del potere di Mussolini. Nel 1935 fu volontario nella Guerra d’Etiopia e successivamente in Africa settentrionale, fu poi Direttore Generale della raffineria ROMSA di Fiume e nel 1940 fu Podestà di Fiume a soli 36 anni.
    Pluridecorato delle campagne di Etiopia e Africa settentrionale, grazie all’intercessione del vescovo di Fiume Ugo Camozzo divenne commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno.
    Dal 1943 al 1945 fu segretario del Partito Fascista Repubblicano a Fiume e fu assieme al podestà Gino Sirola le due più alte cariche in mano agli italiani durante l’occupazione nazista della città. Riuscì a fuggire durante l’occupazione jugoslava della città e si rifugiò prima a Crespano del Grappa e poi a Venezia. Successivamente per l’esperienza compiuta alla Direzione della raffineria ROMSA a Fiume, fu infine ad assunto dalla RASIOM, raffineria di petrolio costruita ad Augusta in Sicilia da Angelo Moratti. Sempre per la RASIOM fu poi trasferito a Roma dove fu anche Presidente della Lega fiumana di Roma e vice presidente nazionale dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Morì a Cagliari a 62 anni d’età dove aveva seguito il sorgere della raffineria SARAS di Sarroch, sempre per conto della famiglia Moratti.(fonte)


    L’ex caserma militare “Giuseppe La Masa” divenne il CPR di Termini Imerese – oggetto di una minuziosa ed appassionata ricerca condotta dallo storico Fabio Lo Bono – ed ospitò circa 2mila esuli di cui 520 provenienti dalla frontiera orientale.  Il CPR di Catania, secondo testimonianze attendibili di esuli che hanno vissuto lì, era ubicato in zona Cibali e si trattava, anche in questo caso, di un’ex caserma. In entrambi i casi i servizi igienici e le aree “ricreative” erano in comune.
    L’inserimento dei profughi all’interno del tessuto sociale siciliano fu caratterizzato da un’iniziale diffidenza mista a sospetto, considerando che all’epoca era molto diffuso il pregiudizio che attribuiva ai profughi l’epiteto di fascisti. Tuttavia, quell’iniziale sospetto lasciò spazio ad atti di accoglienza e solidarietà. Un esempio di ottimo inserimento sociale è da considerare quello del fiumano Arturo De Maineri. Dal 1943 al 1945 fu segretario del Partito Fascista Repubblicano a Fiume insieme al podestà Gino Sirola, ricoprendo le due più alte cariche in mano agli italiani durante l’occupazione nazista della città. Riuscì a fuggire durante l’occupazione jugoslava della città e si rifugiò prima a Crespano del Grappa e poi a Venezia. Tempo dopo, in virtù dell’esperienza compiuta alla Direzione della raffineria ROMSA a Fiume, venne assunto dalla RASIOM, raffineria di petrolio costruita ad Augusta, da Angelo Moratti. Creare un ponte tangibile e reale tra gli eventi accaduti e la loro risonanza sulle vite dei singoli permette di non rimanere indifferenti, invitando all’ascolto e fungendo da deterrente al reiterarsi di tragedie in cui il confine tra esuli e persecutori è molto labile.
    Da: “Testimonianze dell’esodo giuliano-dalmata in Sicilia” di Federica Concetta Vecchio(fonte)

    [2] San Vito diventò protettore della città di Fiume fin dal Medioevo, sul cui stemma era inciso il motto tardo latino “Terra Fluminis sancti Viti”, ovvero “Fiume di San Vito”. Nel 1638 venne posata la prima pietra per costruire la nuova chiesa di San Vito sulle macerie di quella antica (edificata nel 1296).(fonte)
    L’attuale Martirologio Romano non li cita, ma la tradizione li associa al siciliano San Vito, del quale Modesto era maestro e Crescenzia nutrice (lo stesso nome deriva da “accrescere”, “allevare”). I due introdussero Vito al cristianesimo e questi, piuttosto che rinnegare davanti al padre la propria fede, dalla Sicilia fuggì con loro in Lucania, dove, a Capaccio, subirono il martirio. Secondo la tradizione, furono fatti bollire in un pentolone, sebbene secondo altre fonti risulta siano stati decapitati, vicenda più volte rappresentata nell’iconografia.(fonte)

    [3] Quartiere Giuliano Dalmata. Nacque come Villaggio Operaio E42, adibito ad alloggiare gli operai impegnati nell’allestimento dell’Esposizione Universale di Roma (che originò il quartiere EUR, rinominato nel 1965 in quartiere Europa).
    Con lo scoppio della guerra gli operai abbandonarono le loro case che, dopo una breve occupazione anglo-americana, rimasero abbandonate. Nel 1947, dodici famiglie di profughi giuliani si insediarono nel villaggio, ribattezzandolo Villaggio Giuliano.

    L’inaugurazione ufficiale e la consegna delle prime unità abitative agli esuli (le camerate dell’ex villaggio operaio ristrutturate e riadattate a piccoli appartamenti), avviene il 7 novembre 1948 alla presenza del segretario del Consiglio dei ministri Giulio Andreotti e di Francesca Romani, consorte del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. In quell’occasione ci fu il primo matrimonio della comunità. Il fiumano Armando Chioggia, classe 1921, sposò nella piccola cappella del Villaggio la romana Fernanda Tombesi, quasi a volere suffragare ufficialmente l’unione della gente giuliana e dalmata con l’accogliente città di Roma.

    Nel 1955, in seguito all’arrivo di circa duemila profughi giuliani e dalmati, assunse il nome attuale.
    Il 4 novembre 1961 fu inaugurato sulla via Laurentina, per volere dell’Opera Profughi, un monumento costituito da un masso carsico con incastonata la scritta “AI CADUTI GIULIANI E DALMATI” e gli stemmi delle città giuliano-dalmate di Pola, Fiume e Zara.
    Il 10 febbraio 2008, in occasione della celebrazione del quarto Giorno del ricordo, è stato inaugurato, su largo Vittime delle Foibe Istriane, un monumento commemorativo per le vittime dei massacri delle foibe.(fonte)

    Da: La Voce di Fiume
    NOTIZIARIO MENSILE DEL “LIBERO COMUNE DI FIUME IN ESILIO” del 31 luglio 1975 – Anno IX – N. 6
    A ROMA, dopo la S. Messa celebrata dal concittadino don Severino Scala nella Chiesa di San Marco al Quartiere Giuliano Dalmata, la nostra collettività si è riunita per il tradizionale pranzo conviviale al Ristorante Picar. Nel corso della giornata ha avuto luogo anche un incontro di pallacanestro tra le vecchie glorie fiumane (ex giocatori della Società Giuliana) e i giovani, mentre numerosi concittadini hanno voluto approfittare della loro presenza al Quartiere Giuliano Dalmata per visitare l’Archivio-Museo di via Cippico.(fonte)