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Ottavio Corgini. Incitamento. 1924

    MEMOR-01
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    Cari amici,
    ho letto, con sorpresa, l’ultimo numero di RICOSTRUZIONE.
    Con sorpresa, dico, perché ai fascisti dissidenti -rei di non aver tradito la fede delle origini- non è concesso di poter liberamente manifestare e propagare le loro idee attraverso la stampa.
    Essi non han quasi più diritto di cittadinanza, in Italia. Debbono essere messi al bando e fuggiti come lebbrosi.
    Così pare abbiano disposto gli eletti da Dio, i transfughi del sovversivismo multicolorato, che oggi imperano nel bel Paese.
    A me, da un po’ di tempo, accadono cose inaudite. Le stesse che capitano agli amici che – al pari di me – non son disposti a vendere l’anima per trenta denari.
    In un primo tempo mi si radia dai fasci. Alla sordina. Senza che ancora sappia il perché. Senza venire interrogato. Senza che mi sia dato di fruire del diritto di difesa, che la legge ordinaria accorda al grassatore.
    Poi si tenta di fare il deserto attorno a me. Mi si vuol isolare dal mondo, dagli amici, dal popolo.
    La mia voce turba i sonni di fosche eminenze da operetta. Quindi proibito parlare in pubblico. Proibito scrivere sui giornali. Proibito persino di accogliere l’invito di mutilati e combattenti per celebrazioni patriottiche.
    Male incogliere a chi osa esternare simpatie per me. Gli amici che non vogliono buttare l’amico nella fossa dei leoni hanno schermo e persecuzione.
    Sferro una tremenda campagna in difesa della pubblica moralità. Una campagna sempre aperta. La stampa tace. Ha paura di scatenare le ire di più o meno afferrabili Numi del novello Olimpo. Chi azzarda di rompere la consegna del silenzio è investito con furore.
    Mi si diffama, mi si imbratta di fango e di veleno. E non m’è dato di difendermi. Lo stesso giudice chiamato in causa, tace. Gli uomini, cui avevo donato il cuore, diventano inconsciamente alleati dei bari della Patria.
    Il cosiddetto Prefetto della Provincia di Reggio Emilia, pervaso d’improvviso ed ineffabile amore per la mia persona, mi fa sorvegliare e pedinare alla stregua di un volgare delinquente. Farà carriera! . Una interrogazione – protesta al Governo rimane senza risposta.
    Ogni mio atto, ogni mia azione è falsata, male interpretata. Il mandato parlamentare a nulla serve.
    I traditori gridano al tradimento. I famuli, che piegano la schiena ai Don Rodrigo dell'”Era Nuova”, inferociscono su di me per cattivarsi le simpatie dei prepotenti padroni. I mezzani di tutti i partiti e di tutti i loschi interessi attossicano l’aria che respiro.
    Il tempio innalzato alla fede si è trasformato in un fondaco, in un dancing hall, dove infuria la sarabanda dell’immoralità.
    Chi non accetta il verbo quasi sempre equivoco ed incomprensibile dei messi del Signore è posto fuori legge. È considerato anti-fascista, anti-nazionale. L’aver speso la vita nel lavoro, nella miseria, nel sacrificio; l’aver amato la Patria più della madre più di sé stessi non conta.
    Chi non si sottomette alla disciplina – truffa della criccarchia predominante è un reprobo. Chi non rinuncia alla libertà è un nefasto disgregatore. Chi vuole pensare colla sua testa e sentire col suo animo è un ribelle.
    La libertà individuale e l’inviolabilità del domicilio non son sempre garantite. L’articolo 28 della Charta Albertina è privo di valore per chi non è tesserato o ossequiente al littorio. A me, infatti, è stato praticamente inibito di scrivere sui giornali. Mi rimaneva un modestissimo quotidiano locale. Il tipografo, proprietario a ricevuto l’ordine di non ospitare articoli miei, di nessuna specie, sotto pena di rappresaglia.
    Anche l’articolo 32 dello Statuto[1] è una finzione. Perché non è vero che sia riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senza armi, se non vi è il denestare (benestare) delle vere autorità moderne, dei fascisti ufficiali unici e sovrani detentori e difensori delle fortune nazionali.
    I giornali in Livrea, negli ultimi tempi, offendono, insozzano, minacciano, scrivono il falso. E non ci si può difendere.
    La parola d’ordine è chiara. Soffocare il movimento dissidente con tutte le armi. Provocare e passare per provocati. Assalire e atteggiarsi a vittima. Preparare il fattaccio per addossare la responsabilità a chi il fattaccio ha sempre voluto scongiurare.
    Gli amici di Alessandria ne sanno qualcosa.
    Anche il segreto epistolare è infranto. La posta non arriva tutta; e talvolta giunge manomessa.
    Di questo passo si conduce il Paese all’esasperazione, a giorni poco lieti.
    Il popolo soffre e tace, ma giudica e commenta. Ma non è convinto di ciò che accade. Non beve più al calice della menzogna. Non cela neppure il suo malessere, il suo sconforto, e, seppur depresso, aspira con tutta l’anima al ritorno del sereno, della normalità.
    L’ambiente in cui si vive è tutto alterato, tutto viziato. La violenza, la viltà, l’ipocrisia, l’affarismo trionfano. In alto e in basso si gioca sull’equivoco, si finge di non vedere, di non capire.
    Intanto il disagio dilaga.
    Le elezioni, in un’atmosfera siffatta, si rivolteranno in una mistificazione, in un fallimento. Forse non potranno nemmeno svolgersi, perché le risse diverranno pericolose.
    In ogni modo, e per la riforma barocca e per l’assenza di libertà e per il disorientamento generale, la nascitura Camera tutto potrà rappresentare, fuorché l’espressione della volontà del Paese.
    Questo, cari amici, volevo dirvi. Non perché sia avvilito, ché illimitata è la mia fede nei destini della Patria e nelle virtù del popolo. Ma per incitarvi – sebbene non ve ne sia bisogno – a tenere virilmente il vostro posto di combattimento. Per lanciare, assieme a me, il grido che scuote il cuore di tutti gli italiani. Il grido che sintetizza la nostra cocente fede: W LA PATRIA E LA LIBERTÀ!!.

    OTTAVIO CORGINI[2]


    Note

    [1] dallo Statuto Albertino

    Art. 32. – È riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senz’armi, uniformandosi alle leggi che possono regolarne l’esercizio nell’interesse della cosa pubblica. Questa disposizione non è applicabile alle adunanze in luoghi pubblici, od aperti al pubblico, i quali rimangono intieramente soggetti alle leggi di polizia. (fonte)

    [2] Ottavio Corgini. Funzionario di banca ed esperto economista, sedette alla Camera del Regno d’Italia nella XXVI legislatura. Il 31 ottobre 1922 venne nominato sottosegretario al Ministero dell’agricoltura del governo Mussolini. Fu uno dei deputati fascisti dissidenti contrari al cambiamento di rotta della politica di Mussolini dopo il 1922, insieme a Cesare Forni e Alfredo Misuri, e rassegnò le dimissioni da sottosegretario il 7 giugno 1923, in seguito alle minacce ricevute dopo il discorso d’opposizione tenuto alla Camera da Misuri. Partecipò alla fondazione di Patria e Libertà, in vista delle elezioni politiche del 1924, ma si ritirò dalla corsa per timore delle ripercussioni da parte dei fascisti. Fece parte della Massoneria in esilio in Francia, compagno di Mario Bergamo al centro massonico di Emile Kahn.(fonte)

    Il testo privo di data probabilmente viene composto da Corgini appena prima delle elezioni politiche italiane per l’elezione della Camera dei deputati si svolsero il 6 aprile 1924.

    Nel gennaio del 1924 Misuri fondò il movimento “Patria e Libertà”, di tendenza monarchica e nazionalista, assieme a Ottavio Corgini, Cesare Forni e Raimondo Sala, sindaco di Alessandria. Il movimento partecipò alle elezioni dell’aprile successivo – vinte dal Listone Mussolini – con un simbolo fatto da un’aquila e la stella a cinque punte; tuttavia, causa le violenze fisiche, Misuri e Corgini dovettero ritirarsi dalla competizione e il movimento …
    Forni e Sala cercarono un’intesa con Ottavio Corgini e Alfredo Misuri, che dirigevano l’associazione Patria e libertà, ma poi Corgini e Misuri non s’iscrissero a questo partito. Inoltre Forni non riuscì a convincere altri militanti fascisti dissidenti, che si orientarono per l’astensione nelle elezioni: infatti Forni e Sala decisero di presentare il loro partito …
    Fasci nazionali poté presentarsi solamente in Piemonte e Lombardia ottenendo 18.062 voti (pari allo 0.3%) e un solo deputato: Cesare Forni eletto in Lombardia. Fonte
    Altra Fonte STORIA DELL’ITALIA MODERNA Il fascismo e le sue guerre, 1922 -1939. Giorgio Candeloro, Saggi Universale Economica Feltrinelli, 1986