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PNF. Radiazione Corgini. 1923

    PNF radiazione Corgini, 1923
    PNF radiazione Corgini, 1923

    PARTITO NAZIONALE FASCISTA[1]

    Federazione Provinciale

    Reggio Emilia

    II°°°°°°

    ORDINE DEL GIORNO

    La Federazione Provinciale Fascista

    RICHIAMATO

    il precedente voto di biasimo inferto a S.E. L’On. Dott. Comm. Ottavio Corgini[2], in occasione del suo atteggiamento per il “caso Misuri[3]
    RITENUTO
    che S.E. l’On. Corgini mentre respingeva il biasimo infertogli compiva opera disgregatrice nel fascismo reggiano sia a mezzo della stampa sia ostacolando la formazione in Provincia dell’organizzazione Sindacale fascista, ostentando anzi l’assunta posizione d’indipendenza dagli organi e dalle direttive del Partito, e disinteressandosi pure di ogni più grave questione locale amministrativa e politica:
    EDITA ED APPROVATA
    la Relazione fatta dal Fiduciario Provinciale al Gran Consiglio Fascista nella tornata del 18 Corrente e preso atto del concorde riconoscimento da parte del Gran Consiglio stesso della necessità di affermare che tanto maggiore deve essere il senso e l’esercizio della disciplina quando maggiore è la responsabilità inerente al grado occupato nella gerarchia del Partito:
    DELIBERA
    la radiazione di S. E. l’On. Dott. Comm. Ottavio Corgini dal Partito Nazionale Fascista, per indisciplina, sottoponendo il provvedimento all’immediata ratifica della Giunta Esecutiva del Partito. O Corgini.


    Note

    [1] Il Partito Nazionale Fascista (PNF) è stato un partito politico italiano, espressione del movimento fascista. Nato nel novembre 1921 dalla trasformazione in partito del movimento Fasci italiani di combattimento, guidò la cosiddetta marcia su Roma che nell’autunno del 1922 portò Benito Mussolini a divenire presidente del Consiglio dei ministri. Nel 1923 si fuse con l’Associazione Nazionalista Italiana e tra la metà e la fine degli anni 1920 diventò, prima de facto e poi de iure, il partito unico del Regno d’Italia fino alla caduta del regime fascista, avvenuta il 25 luglio del 1943.
    L’organo ufficioso del partito era Il Popolo d’Italia, quotidiano fondato da Mussolini nel 1914. L’inno era Giovinezza, nella versione di Salvator Gotta del 1925, qualificato come Inno trionfale del Partito Nazionale Fascista. La legge 20 giugno 1952, n. 645 (detta «legge Scelba»), in attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana, ne vieta la ricostituzione.(fonte)

    [2] Ottavio Corgini. Funzionario di banca ed esperto economista, sedette alla Camera del Regno d’Italia nella XXVI legislatura. Il 31 ottobre 1922 venne nominato sottosegretario al Ministero dell’agricoltura del governo Mussolini. Fu uno dei deputati fascisti dissidenti contrari al cambiamento di rotta della politica di Mussolini dopo il 1922, insieme a Cesare Forni e Alfredo Misuri, e rassegnò le dimissioni da sottosegretario il 7 giugno 1923, in seguito alle minacce ricevute dopo il discorso d’opposizione tenuto alla Camera da Misuri. Partecipò alla fondazione di Patria e Libertà, in vista delle elezioni politiche del 1924, ma si ritirò dalla corsa per timore delle ripercussioni da parte dei fascisti. Fece parte della Massoneria in esilio in Francia, compagno di Mario Bergamo al centro massonico di Emile Kahn.(fonte)

    [3] Sul Fascismo reggiano e sindacalismo in una situazione di intrinseca debolezza ed elevata conflittualità quale quella che caratterizza il movimento fascista reggiano fino all’avvio degli anni trenta, l’intero movimento sindacale conobbe, su scala provinciale, ampie parentesi di attenzione e funzionalità nei confronti della complessità dell’apparato organizzativo politico che pure si affermerà dopo varie e complesse vicende. L’affermazione violenta e progressiva del fascismo reggiano era stata condotta nel biennio 1921-22 da figure di nascente peso politico e di giovane età ma nella loro quasi totalità estranee a precedenti esperienze sindacali. Il vero potenziale referente in sede locale avrebbe potuto essere proprio quell’Ottavio Corgini che era stato invece una delle prime teste a cadere sotto il peso dell’incalzante normalizzazione che si concretizzava nell’affermazione di una élite che aveva fatto del terzetto Fabbrici-Muzzarini-Bignardi la propria arma di definitiva riappropriazione di un potere economico prima che politico che le agitazioni e le minacce sovversive degli anni precedenti avevano per qualche momento fatto tremare . La “controrivoluzione preventiva” assumeva ora la propria chiarezza nell’affermazione di questi giovani ras locali – pronti a spiegare una conflittualità che avrebbe informato alle proprie regole l’intera vita del fascismo reggiano fino alla sua caduta – diretti collaboratori di quell’ aristocrazia economica che aveva il reale ed effettuale controllo della provincia. Lo svolgersi della serrata lotta intestina che vide la capitolazione di Corgini (ma lo stesso Bigliardi sarebbe stato eliminato da lì a poco), sconfitto in sede nazionale per le sue posizioni dissenzienti, culminate nell’adesione all’ordine del giorno Misuri, nel Reggiano si accentrò proprio intorno alla sua ostinata difesa di una visione perdente dell’autonomia sindacale. Le vicende e le accese polemiche che caratterizzarono l ‘adesione forzata della Carnera di agricoltura alle corporazioni fasciste non segnarono infatti solo la fine della promettente carriera del sottosegretario all’Agricoltura (carica soppressa dopo le dimissioni del Corgini) quanto un deciso impedimento ad una efficace strutturazione delle organizzazioni sindacali agricole , trovandosi la federazione reggiana e l ‘autorità prefettizia costrette ad un’ opera di controllo e repressione delle residue tendenze autonomistiche , che si concretizzò solo nell’ agosto 1926 con la definitiva messa fuori gioco – con l ‘espulsione dal Pnf – di Angelo Parodi Delfino , figura di spicco del mondo imprenditoriale agricolo reggiano, già dirigente della disciolta Carnera d’agricoltura e primo presidente della Federazione agricoltori fascisti provinciale.
    da ANNALE 5 1985-1986 .. IL PNF IN EMILIA ROMAGNA Personale politico, quadri sindacali, cooperazione, ed. FRANCO ANGELI Fonte

    Il 29 maggio 1923 Misuri pronunciò un discorso alla Camera che fece scalpore. Egli, come “gesto di devozione e lealtà” preavvisò il Capo del Governo che avrebbe tenuto di fronte agli altri parlamentari un discorso di “opposizione fascista”, ricevendo per tutta risposta l’ordine di non parlare. Rispose che l’imminente espulsione dal partito lo liberava da ogni “vincolo di disciplina” e come replica ricevette la minaccia di arresto nel caso di suo intervento nell’aula. Al che Misuri replicò al deputato Carlo Buttafuocchi, che fungeva da tramite: “Quand’è così ti prego di rispondere al Presidente, che tra me e lui, c’è lo Statuto“. Al termine di questo intervento molti deputati rimasero impressionati, fascisti inclusi: sei di questi, tra cui il sottosegretario all’agricoltura Ottavio Corgini, si congratularono con lui. 

    Fonte su Alfredo Misuri


    Con l’imprimatur di Aldo Finzi, Sottosegretario agli Interni di Mussolini, la “cricca naldiana” aveva preteso una mazzetta sull’appalto della Direttissima Bologna-Firenze. La vicenda si chiuse, il 4 agosto 1923, con le dimissioni di Naldi e Quilici. “L’onestà ha vinto!”, titolò L’Assalto, ma era una vittoria di Pirro. Naldi e Quilici ripararono ne Il Corriere italiano di Finzi, a Roma. Di lì ammonirono il Partito a riconciliarsi con l’Italia di Mussolini: già Gobetti aveva individuato in Massimo Rocca la longa manus di Finzi, e si era domandato “chi sono i disinteressati?”. I revisionisti fascisti o i “selvaggi” delle Province? E Baroncini, ergendosi a campione della moralità fascista, si rese inviso alla “banda del Viminale”. Da Finzi a Grandi, dal Sottosegretario di Stato Ottavio Corgini al ras di Pavia Cesare Forni, dal boss di Molinella Augusto Regazzi allo stesso Leandro Arpinati, devotissimo alla Confederazione dell’Agricoltura, i nemici del Federale bolognese si coalizzarono per rovesciarlo.

    Fonte su Gino Baroncini

    Sul tema:

    Piccola borghesia. Tra socialismo e fascismo

    di Davide Vender

    Recensione

    All’indomani della Grande Guerra del 1914-1918 in Italia, di fronte alla crisi dello Stato liberale e al «pericolo comunista» emerse il movimento fascista come fattore decisivo di rovesciamento di quegli equilibri politico-sociali che avevano caratterizzato il «biennio rosso». Non solo i grandi ceti proprietari dirigenti ma soprattutto la piccola e media borghesia agraria rispose dapprima componendo una classe nuova, quella dei piccoli proprietari, e poi assumendo un protagonismo attivo che approderà al fascismo, partendo dalle campagne e giungendo rapidamente all’interno delle città. È attorno al sistema economico composto dall’intersezione organica di profitto, rendita e salario (tenuti insieme dalla figura del piccolo proprietario terriero) che si trova una delle radici del fascismo come fattore organizzativo e d’azione regolato sul modello squadrista dalla reazione agraria in chiave anti-socialista. Una lettura della nascita e dell’avvento del fascismo. Un libro che, osservando la piccola borghesia al bivio tra fascismo e socialismo, indica le scelte del passato e le loro conseguenze e rappresenta una indicazione di indubbio valore sul tempo del futuro.

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    Davide Vender nasce a Roma nel 1966. Si laurea in Storia Contemporanea nella Cattedra del Prof. Franco De Felice. Discute una Tesi, frutto di ricerche d’archivio, sulla Congregazione di Carità di Roma in epoca fascista (Opere Pie). Allievo del Prof. Claudio Del Bello, Storia della filosofia moderna e contemporanea, seguirà il filone di ricerca sulla piccola borghesia e sui 3 libri del Capitale di Karl Marx. Il rapporto teorico e intellettuale con Claudio Del Bello lo conduce alla fondazione, nel 1996, della casa editrice Odradek. Ha curato, nella collana verde di storia orale, il libro cult: Una sparatoria tranquilla –per una storia orale del ’77-. Il 14 settembre del 1998 fonda con Katia Sardo e altri amici la famosa Libreria Odradek nel rione Parione, in Via Dei Banchi Vecchi 57 a Roma. A maggio del 2021 va in stampa il libro: Piccola Borghesia – tra socialismo e fascismo – , collana blu di storia contemporanea, Odradek Edizioni e diretta dallo storico Davide Conti. Il libro prende in esame la questione dei ceti medi, con particolare riguardo al loro rapporto con le origini del fascismo. Un testo innovativo e originale che sta facendo discutere e riflettere il mondo storiografico e quello politico. Un lavoro di ricerca scientifico che analizza lo sviluppo della piccola borghesia dall’inizio del novecento fino ai nostri giorni.