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Orso Orsini, 1862

    Orso Orsini, 1862
    « di 2 »

    Sig. Francesco Berretti
    Borgo S. Lorenzo     Imola 19 Dicembre 1862

    Dal Vetturale Berretti ricevuta una Balla Morello
    di terzo forte, ed una Balla Pedali per le quali conce
    sottomette debito di S. 26.30

    Profitto dell’occasione per augurarvi propizie
    e S.S. Feste del prossimo Natale, ed aspetto un buon
    Capo d’anno che vi riesca per ogni rapporto giocondo,
    e vantaggioso mentre di cuore profondamente
    ai suoi comandi     Orso Orsini[1]


    N 12 Balle Morello 9a farsetto 200 g 8 ¾ , 17.50
    / 13  ——. 1  –  Pedali —— 200. . 4.30 . 8.60
    Conto ——. = 20
    in tutto – 26.30

    retro

    19. Dic. 62

    timbro

    ORSO ORSINI I M . LA

    Sig.
    Francesco Berretti[2]
    Borgo S. Lorenzo

    N. 12 e 13 Pedali[3]
    Balle 2

    a lato

    La Paglia
    più le vitte(?)

    Adi in G. e 163
    Passato a Dallai g
    Sete a Corsini V 161.50


    Note

    [1] Alcuni passaggi tratti dalla biografia di Felice Orsini che narrano del suo rapporto con lo zio Orso Orsini:

    Le prime testimonianze dirette della personalità e della formazione di Felice risalgono al soggiorno imolese, che data dalla fine degli anni Venti. Se il suo secondo nome era Teobaldo, in omaggio al santo protettore della carboneria, il terzo, Orso, rientrava nella tradizione familiare: era infatti quello dello zio amatissimo, anche se totalmente estraneo al filone ‘rosso’ degli Orsini. Infatti, ricco commerciante «onesto, molto considerato da’ suoi conterranei», era, secondo la restituzione narrativa del nipote, «devoto al governo pontificio, rigido osservante delle pratiche religiose, caritatevole, severo» (Memorie politiche scritte da lui medesimo, Torino 1858). Fra lui e Giacomo Andrea la distanza era abissale. Nonostante ciò, gli anni che Felice trascorse presso lo zio a Imola furono complessivamente sereni. Il suo carattere, tuttavia, non tardò a manifestarsi: scarsa docilità, forte immaginazione, propensione alle azioni temerarie.

    Il 5 luglio 1836 uccise involontariamente il cuoco di casa, Domenico Spada: aveva approfittato dell’assenza dello zio per esercitarsi con la pistola, ma gli partì un colpo. Le circostanze della morte di Spada restarono oscure: fu solo grazie alle relazioni di Orso col potere pontificio e alla benevolenza del vescovo di Imola, Giovanni Maria Mastai Ferretti, che al giovane fu concesso di riparare per qualche tempo in Toscana, da dove ritornò solo in occasione del processo a suo carico, che peraltro si concluse senza gravi conseguenze.

    L’ambiente familiare cercò di spingerlo verso la carriera religiosa e, per qualche mese, fino al dicembre 1837, fu sul punto d’intraprendere il noviziato fra i gesuiti: ma il suo carattere era incompatibile con la disciplina della Compagnia. Tornò a Bologna dal padre, che alla sua ‘conversione’ non aveva mai creduto, e cominciò a studiare per prepararsi all’Università: inglese, francese, geometria, filosofia. Lo zio gli suggeriva d’iscriversi a giurisprudenza; Felice avrebbe preferito le scienze esatte. La spuntò il vecchio Orso e, per Felice cominciarono anni intensi e piacevoli. Alle materie curriculari affiancò la lettura dei classici latini e del pensiero politico: l’apprendistato del rivoluzionario romantico. La lontananza da Imola rese più blando l’effetto moderatore dei parenti clericali, liberando del tutto il suo temperamento decisamente estremista. Nonostante le distrazioni e le tentazioni della politica – per il momento più retoriche che reali – il 1° maggio 1843 avanzò regolare domanda per laurearsi nella facoltà legale e alla fine di giugno sostenne positivamente l’esame.

    …..

    Tornato a Nizza nell’agosto 1854, ruppe di fatto con la moglie, che non accettava di seguirlo nella sua ‘carriera’ di cospiratore professionista. Il mese successivo, da Ginevra, inviò allo zio Orso e al fratello Leonida una lettera, chiedendo loro di occuparsi della sua famiglia: Orso, in effetti, non fece mancare ad Assunta e alle figlie di Felice il necessario sostentamento.(fonte)

    Da: Felice Orsini Memorie politiche scritte da lui medesimo e dedicate alla gioventù italiana . Pag. 6.
    “Nel Marzo 1850 si stabilì a Nizza, che allora faceva parte del Regno di Sardegna, dove aprì un’attività commerciale, la ditta “Monti & Orsini”, dedicata alla vendita della canapa prodotta e commerciata dallo zio Orso. A Nizza nacquero le due figlie, Ernestina (1851-1927) ed Ida (1853-1859)”.(fonte)

    [2] Di Francesco Berretti non sono presenti notizie. Qui a seguire alcuni cenni storici sui Berretti di Borgo S. Lorenzo (FI).

    Su Berretti Pietro.
    Berretti Pietro, di Giuseppe ed Elisabetta Benvenuti, nato il 22 dicembre 1789 e domiciliato in Borgo San Lorenzo, di anni 65, racconta come “nel mese di Febbraio, o Marzo, salvo il vero del 1812. fui arruolato nella Cavalleria che presidiava Firenze, ma non mi ricordo in quale squadrone, il mio capitano era certo Baldi di Firenzuola. A Firenze vi rimasi fermo un anno, e poi passai con lo squadrone a Pisa ove rimasi quattro mesi, e poi fui diretto a Turino (mi pare che ciò avvenisse nell’ottobre o novembre del 1813.) ove giunto venni incorporato nel Reggimento 14° Ussari a Cavallo e segnatamente alla dodicesima Compagnia avendo allora a Capitano un certo Cilla Lucchese. Da Turino ove mi trattenni circa un mese passai con le mia Compagnia a Pinerolo e da Pinerolo, ad Alessandria della Paglia ove nel maggio del 1814. fui congedato x termine di Campagna, e il congedo l’ho perso. Non mi sono mai incontrato in battaglia, e non posso dargli altre notizie”78. 77  ASF, Segreteria e Ministero degli Esteri, f. 3009, n. 541.
    78  La lettera appare credibile in quanto segue la storia reggimentale del 14° ussari.
    da Edizioni dell’Assemblea 134 Studi. Gianni Doni
     “Le palle piovevano come la grana” Storie di mugellani al servizio di Napoleone (fonte)

    Su Berretti Giuseppe.
    Osservando la toponomastica nei nostri comuni possiamo ricostruire la nostra storia: nel cuore di Borgo S. Lorenzo troviamo il piazzale Curtatone e Montanara sul quale si affacciava, nella prima metà del ‘900, la caserma dei Carabinieri. Il 29 maggio 1848, nell’ambito della Prima Guerra d’ Indipendenza, fu combattuta un’aspra battaglia a Curtatone e Montanara, due località in provincia di Mantova; a quello scontro parteciparono tanti coraggiosi toscani animati da un profondo amor patrio e molti di loro venivano proprio dai nostri territori. Erano giovani studenti universitari guidati dai loro professori, erano semplici civici volontari e numerosi militari regolari dell’esercito granducale. Con il loro impegno riuscirono, pur perdendo la battaglia, a intrattenere per ore il poderoso esercito austriaco comandato dal generale Radetzky permettendo all’ esercito piemontese, comandato da Carlo Alberto di Savoia, di schierarsi strategicamente tanto da vincere il giorno dopo a Goito. Combatterono con onore: alcuni morirono ( Lorenzo Brilli di Dicomano, Giovan Battista Brunetti di Scarperia, Eugenio Catani di Barberino di Mugello, Leopoldo Fabbri di Borgo S. Lorenzo, Niccolò Camiciottoli e Giuseppe Pecori di Pontassieve ), alcuni furono feriti, altri ancora furono fatti prigionieri.
    Sulla Gazzetta di Firenze del 1° luglio 1848 fu pubblicata una “Nota dei feriti toscani ricevuti negli Spedali di Mantova il 29 e 30 maggio 1848”, elenco stilato dal medico fiorentino Giuseppe Barellai e dal chirurgo Salvadore Paganucci, ambedue presenti sul campo di battaglia. La classe medica era fortemente rappresentata in questo evento bellico: molti erano i medici, i chirurghi e i praticanti di Santa Maria Nuova. Fra i più eminenti ricordiamo il professor Ferdinando Zannetti, colui che poi, nel 1862, asporterà chirurgicamente di persona la pallottola dal piede di Giuseppe Garibaldi ferito in Aspromonte, salvandolo da un’ amputazione che ormai sembrava certa; e il dottor Pietro Cipriani nativo di S. Piero a Sieve.
    Gli Ufficiali erano un corpo unico con i loro uomini tanto che li ritroviamo nell’ elenco dei feriti e molti furono catturati come certifica il Tenete Colonnello Giuseppe Pescetti di Marradi stilando la lunga lista di nomi “degli Ufficiali dei due Reggimenti di Fanteria rimasti prigionieri a Montanara il 29 maggio 1848” compreso lui stesso. Per ricordare i singoli partecipanti ho estrapolato dal “Ruolo dei Militari della già Armata Toscana che presero parte alle campagne di Lombardia del 1848” i nomi di quelli provenienti dai nostri territori seguiti dal comune di residenza e dal battaglione di appartenenza:
    (nella lista è presente) BERRETTI GIUSEPPE Borgo S. Lorenzo Real Leopoldo (fonte)

    [3] Filatoio a alette e pedali. Macchina azionata a pedale, per filare le fibre di canapa o lana e avvolgerle regolarmente sul rocchetto di cui è provvista. (Serve a) ridurre in filo le fibre tessili mediante torsione.(fonte)