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Agostino Depretis, 1886

    Agostino Depretis, Roma 30 Marzo 1886
    Agostino Depretis, Roma 30 Marzo 1886
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    IL MINISTRO DELL’INTERNO
    Roma 30 Marzo 1886

    Eccellenza

    Persona, degna di riguardi, a cui stanno molto a cuore
    le sorti dell’Associazione Generale degli Operai di Torino[1], mi
    riferisce che V. E. intenderebbe, per ragioni di economia, far ces=
    sare l’assegno annuo di L 500 che da 25 anni viene corrisposto
    sui fondi del Tesoro dell’Ordine Mauriziano alla Cassa- pensioni  
    degli Operai inabili di quella Associazione; e mi prega di in=
    terporre i miei uffici presso la E. V. nello intento di indurla
    a non far luogo a tale provvedimento. Mi soggiunge che l’as=
    segno venne concesso da S. M.[2] sino dal 1861, che la Associazio=
    ne lo ha caro pel vantaggio che le arreca, e più ancora come pro=
    va della reale benevolenza, che forma l’amore, l’orgoglio della
    Società; per cui non sarebbe né conveniente, né opportuno l’atto
    che lo facesse cessare, potendo esso venire male interpretato.
    Apprezzando questi motivi non esito a pregare vivamente
    V. E. a voler nella sua saviezza considerare che tutto
    sembra consigliare a mantenere alla Associazione il detto
    assegno; atteso cioè lo scopo pel quale esso fu stabilito, il lungo

    tempo da che dura, e il pericolo di rompere una consuetudine
    oramai antica e fondata sulla Sovrana benevolenza. Confido
    quindi che V. E. troverà modo di continuare a corrispondere
    anche per l’avvenire il detto assegno alla benemerita Asso=
    ciazione Generale operaia, e gliene rendo anticipatamente
    distinte grazie.

    Le sarò grato se vorrà favorirmi un cenno di risposta,
    e con tutta stima ed osservanza mi pregio ripetermi.
    div. me
    Depretis[3]

    S. E. il Comm. Cesare Correnti[4]
    Primo Segretario di S. M.
    pel Gran Magistero dell’Ordine Mauriziano


    Note

    [1] Una targa commemorativa, posta il 5 novembre 1910 su un edificio in una storica via del cuore della città, ricorda che a Milano nel 1878 l’Associazione Generale dei Lavoratori (AGL) “inaugurò il primo Deposito di Sicurezza in Italia”, prendendo ispirazione da quello aperto nel 1862 in Scozia, a Glasgow.
    Un passo audace, che la Società di Assistenza Mutua milanese fondata nel 1875, seconda nel paese, compì con prudenza e, soprattutto, senza danneggiare i fondi destinati all’assistenza mutua. I soci riuscirono nel loro intento raccogliendo il capitale necessario attraverso l’emissione di quote da un lira, rimborsabili – senza interesse – con i profitti delle vendite.
    Il Deposito Alimentare, come veniva anche chiamato, venne aperto al primo piano di un edificio al numero 7 di Via della Vittoria (oggi via Dante) “in una modesta stanza concessa gratuitamente da un socio promotore”.
    L’idea venne ai soci quando, come dichiarò il presidente dell’Associazione durante la cerimonia di installazione della targa, “preoccupati dall’aumento continuo del costo degli alimentari, nell’inverno del 1874, avendo colto dalla lettura di un articolo pubblicato sul Corriere del Popolo la grande potenza della cooperazione, fondarono con coraggio il deposito cooperativo”. Scopo: fornire “ai soci generi di alta qualità, salutari, di peso corretto e a un prezzo inferiore a quello normale dei commercianti”.
    Iniziarono con 91 chilogrammi di riso, 82 di farina di mais, 24 di paste di semola.
    Fatto il calcolo, stabilirono i prezzi di vendita: per il riso 50 centesimi al chilogrammo, la farina di mais 52, le paste di semola 75. Un soldo in meno rispetto a quanto richiedevano i negozianti.
    La vendita era gestita dai due soci che tenevano aperto, a titolo gratuito, la domenica dalle 7 al mezzogiorno e nei giorni feriali dalle 7 alle 9 e mezza.
    Tutti i profitti, come stabilito nel Regolamento sociale, andavano “a beneficio totale dei soci anziani incapaci di lavorare” e così è stato sempre fatto. Si trattava di somme di considerevole entità: nei primi venticinque anni di attività, ad esempio, versarono nella Cassa pensione 172.672,16 lire.
    Dopo oltre dieci anni di attività, nel maggio 1905 la Società trasferì la gestione della cooperativa al nuovo ente costituito tra la Società e la Cooperativa Ferroviaria di Consumo, ossia l’Alleanza Cooperativa Milanese.
    Da quel momento in poi, si tratta di storia di trasformazioni, fusioni, incorporazioni. È una storia ancora viva. A portarla avanti oggi è Nova Coop, una delle principali cooperative di consumatori facenti parte del sistema Coop, che con i suoi numerosi punti vendita mantiene vivo il ricordo del “primo Deposito di Sicurezza in Italia”. Quel deposito che ha anche il merito di essere stato di esempio e stimolo per molte altre Società di assistenza mutua in tutta Italia che hanno aperto le proprie cooperative.(fonte)

    [2] Vittorio Emanuele II di Savoia (Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia; Torino, 14 marzo 1820 – Roma, 9 gennaio 1878) è stato l’ultimo re di Sardegna (dal 1849 al 1861) e il primo re d’Italia (dal 1861 al 1878).
    Dal 1849 al 1861 fu inoltre duca di Savoia, principe di Piemonte e duca di Genova. È ricordato anche con l’appellativo di Re galantuomo, perché dopo la sua ascesa al trono non ritirò lo Statuto Albertino promulgato da suo padre Carlo Alberto.
    Coadiuvato dal presidente del Consiglio Camillo Benso, conte di Cavour, portò a compimento il Risorgimento, culminato nella proclamazione del Regno d’Italia.(fonte)

    [3] Agostino Depretis o De Pretis (Mezzana Corti Bottarone, 31 gennaio 1813 – Stradella, 29 luglio 1887) è stato un politico italiano.
    Fu ministro dei Lavori pubblici nel 1862, ministro della Marina (1866-1867), ministro delle finanze (1867) e otto volte presidente del Consiglio del Regno d’Italia dal 1876 al 1887, anno della sua morte. Durante i governi da lui presieduti ricoprì anche la carica di ministro degli esteri (1877-1879, 1885, 1887), ministro dell’interno (1879-1887), ministro delle finanze (1876-1877) e ministro dei lavori pubblici (1877).
    Fu esponente moderato della Sinistra storica della quale divenne il capo nel 1873 alla morte di Urbano Rattazzi. All’interno del suo schieramento politico fu antagonista di Francesco Crispi, Giovanni Nicotera e Benedetto Cairoli.
    Nel 1876 guidò il primo governo della storia d’Italia formato da soli politici di Sinistra. Tale esecutivo varò la riforma scolastica istituendo l’istruzione obbligatoria, laica e gratuita per i bambini dai 6 ai 9 anni.
    Benché filofrancese, per rompere l’isolamento dell’Italia, nel 1882 accettò la Triplice alleanza con Austria e Germania, per la quale ottenne una formula marcatamente difensiva. Lo stesso anno portò a termine la riforma elettorale che fece salire gli aventi diritto al voto dal 2 al 7% della popolazione.
    Fu il fautore del trasformismo, un progetto che prevedeva il coinvolgimento di tutti i deputati che volessero appoggiare un governo progressista a prescindere dagli schieramenti politici tradizionali, che Depretis considerava superati. Fu appoggiato in questo progetto dal capo della Destra storica Marco Minghetti, di cui Depretis aveva preso il posto come primo ministro nel suo primo governo.
    I governi “trasformisti” così costituiti eliminarono definitivamente la tassa sul macinato, introdussero le tariffe doganali favorendo l’industria (soprattutto settentrionale) e vararono l’espansionismo italiano in Africa.
    Il trasformismo, tuttavia, ridusse il potere di controllo del parlamento e favorì eccessi nelle spese statali.(fonte)

    [4] Cesare Correnti (Milano, 3 gennaio 1815 – Lesa, 4 ottobre 1888) è stato un funzionario, patriota e politico italiano, deputato del regno di Sardegna e poi del regno d’Italia dal 1849 fino alla sua nomina a senatore nella XVI legislatura e fino alla morte.
    Ben presto Cesare Correnti diventò un oppositore del dominio austriaco in Lombardia: il suo contributo più importante alla causa nazionale prima dei moti del 1848 fu la pubblicazione, nel 1847 di un opuscolo anonimo, L’Austria e la Lombardia, che era una requisitoria contro il governo asburgico, accusato di soffocare la libertà nazionale italiana e limitare il progresso economico del Paese. Fu inoltre tra gli agitatori dei fatti che precedettero le Cinque giornate di Milano, alle quali partecipò attivamente, stendendo con alcuni amici l’ultimatum da presentare alle autorità austriache.
    Dopo la cacciata delle truppe austriache dalla città, Correnti ricoprì la carica di segretario del Governo provvisorio lombardo, allineandosi alle posizioni più moderate in seno al governo che volevano il plebiscito di annessione con il Regno di Sardegna di Carlo Alberto di Savoia. Dopo la stipula dell’Armistizio Salasco tra piemontesi e austriaci, Correnti si rifugiò in Piemonte, dove venne eletto deputato per la II Legislatura del Regno di Sardegna per il collegio di Stradella. In questa occasione non mancò di criticare l’operato del governo sardo, che aveva denunciato l’armistizio e ripreso la guerra, in occasione dei giorni dell’insurrezione di Brescia, coincidente con la disastrosa battaglia di Novara, che segnò l’abdicazione di Carlo Alberto a favore del figlio Vittorio Emanuele II. Datosi nel frattempo all’attività di giornalista, Correnti rimase tra i banchi dell’opposizione fino alla fine del 1854, quando appoggiò il disegno di Cavour di far entrare il Piemonte nella Guerra di Crimea a fianco di Francia e Regno Unito.
    Accostatosi quindi al primo ministro, il politico italiano, dopo la seconda guerra d’indipendenza italiana e la liberazione della Lombardia, contribuì al riordinamento del nuovo territorio, tentando, senza successo, di contrastare l’eccessivo centralismo tipico della mentalità sabauda.(fonte)

    La probabile motivazione che muove il Correnti a chiedere di far cessare l’assegno annuo di L 500 che da 25 anni viene corrisposto alle Assicurazione Generale degli Operai di Torino per versarlo sui fondi del Tesoro dell’Ordine Mauriziano, come si legge nel testo che segue “bisognava raccogliere e concentrare tutte le risorse disponibili, anche a discapito di altre pure importanti attività”:

    L’Ospedale Maggiore di Torino aveva avuto la sua prima origine per opera di Emanuele Filiberto ed infatti il Duca promulgò nel 1574 alcuni statuti per la fondazione di un Ospedale in Torino; nel principale di questi si legge: “La prima delle opere di carità è l’ospitalità”. Nel nuovo ospedale – continua lo stesso documento – dovranno essere ricevuti “…non solo quelli che saranno dell’abito (cioè i Cavalieri dell’Ordine) ma ogni altra sorta di infermi curabili che non avranno modo di aiutarsi acciocché non si muoiano di necessità, ovvero di curabili che si riducono in infermità incurabili con perpetua miseria”.
     …
    La dominazione napoleonica, sconvolgendo all’inizio del XIX secolo ogni istituto dell’Ordine, soppresse anche l’Ospedale Mauriziano – che fu aggregato all’Ospedale S. Giovanni Battista – e ne disperse la dotazione.
    Fu dopo il 1814, con il ritorno della Monarchia Sabauda in Piemonte, che si ripristinò l’ospedale nell’antico edificio: la riapertura avvenne il 15 gennaio del 1821 e per oltre un cinquantennio prosperò, sino al punto che la disponibilità dei ricoveri nel 1880 si attestò sui 128 posti letto.     
    In questa data l’espansione dell’ospedale aveva raggiunto il suo limite massimo, tant’è che l’allora Primo Segretario dell’Ordine – Cesare Correnti – conscio dell’impossibilità nell’apportare nel vecchio ospedale nuovi ampliamenti, sottopose al Re Umberto I  un progetto di costruzione per un ospedale che rispondesse alle nuove esigenze della scienza medica,     
    Il Re accettò la proposta e iniziarono tutte le procedure per la costruzione, utilizzando, forse per la prima volta, esperienze e professionalità diverse per raggiungere il massimo risultato. Infatti al progettista ingegner Ambrogio Peringioli, fu affiancato il dottor Giovanni Spentigati, esperto e studioso della scienza sanitaria e ospedaliera, che con la sua collaborazione alla redazione del progetto e l’assidua assistenza in fase di attuazione, garantì la perfetta realizzazione di tutti gli aspetti tecnici-sanitari che portarono indiscutibili vantaggi sotto il profilo dell’utilizzo delle strutture.
    L’idea della costruzione di un nuovo grandioso ospedale investì l’intero Ordine, diventando ben presto priorità assoluta e consapevolezza che, per la realizzazione, bisognava raccogliere e concentrare tutte le risorse disponibili, anche a discapito di altre pure importanti attività.     
    Scelto il sito di costruzione (al tempo corso Stupinigi) la posa della prima pietra avvenne l’11 novembre 1881. L’intero edificio fu completato nel 1884, mentre l’apertura definitiva con il ricovero degli ammalati avvenne un anno dopo: il 1° luglio 1885 fu inaugurata la nuova sede dell’Ospedale Mauriziano di Torino, intitolato al Re Umberto I.  Il costo complessivo dell’opera, comprensivo dell’acquisto del terreno edificabile, della costruzione dell’edificio e dell’acquisto degli arredi e delle attrezzature sanitarie ammontò a cieca tre milioni di lire.     
    Dal 1885 in poi il nuovo Ospedale Mauriziano ha subito molte trasformazioni e ampliamenti, pur mantenendo l’aspetto esterno originario, sviluppandosi su tre piani di cui uno interrato.(fonte)
    Su Cesare Correnti(Ateneo.Brescia.it)
    Sull’Ospedale Mauriziano Umberto I(Wiki)