Vai al contenuto

Spiegazione del fatto storico ecclesiastico, 1846

    Spiegazione del fatto storico ecclesiastico, 1846
    Spiegazione del fatto storico ecclesiastico, 1846

    SPIEGAZIONE DEL FATTO STORICO ECCLESIASTICO
    CHE RAPPRESENTASI NEL CIMITERIO DELLA VENERABILE ARCHICONFRATERNITA
    DI MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA
    E DELLE ANIME SANTE DEL PURGATORIO[1]
    PRESSO LA SACROSANTA BASILICA

    DI SANTA MARIA IN TRASTEVERE[2]

    NEL SOLENNE OTTAVARIO DE’ FEDELI DEFONTI
    DELL’ ANNO 1864.

    ESEMPIO DI COSTANZA NELLA FEDE DATO DA S. PERPETUA[3] NELLA PRIGIONE PRIMA DI MORIRE MARTIRE PER GESÙ CRISTO

    Il dì 7 Marzo dell’anno del Signore 203, sotto l’Imperatore Severo[4], una folla immensa di popolo s’accalcava nell’anfiteatro di Cartagine per assistervi ad uno spettacolo, da lungo tempo preparato. Una giovano sposa, rampollo di nobile prosapia, madre d’un pargoletto ancor lattante, la bella, la pudica, la generosa Perpetua, dove esservi esposta ai furori d’un toro selvaggio. Ognuno di quei curiosi dimandava al suo vicino, qual fosso il gran delitto, pel quale venia inflitta una sì terribil pena: ed una era la risposta di tutti, che altro delitto in lei non era, salvo che l’essere cristiana. Ed era vero. Perpetua da poco tempo si ora convertita alla fede di Gesù Cristo; e la grandezza del suo animo le avea fatto bentosto manifestare ai suoi concittadini la nuova sua credenza. Per la qual cosa, appena scoppiò in Cartagine la persecuzione di Severo, fu tra le prime ad essere imprigionata, strappandosele dal seno il figliuoletto che allattava. Incredibili furono gli sforzi che i suoi parenti fecero per indurla a rinnegare la sua fede. Un giorno fra gli altri il giudice Ilariano mostrandole il padre che piangeva, il figliuoletto che le si gittava. al collo: – E che, le disse, resterai tu insensibile alle canizie e alle lacrime d’un padre, che tu renderai infelice, nè ti muoverà l’innocenza di questo tuo figlio che tu renderai orfano? Sacrifica agli Dei immortali, o salva te o i tuoi – Io non sacrifico che solo a Gesù, vero Dio – Tu dunque ti confessi cristiana? – Sì, sono e confesso d’essere cristiana. – Allora il giudice pronunziò la sentenza che Perpetua, in una cogli altri cristiani, fosse esposta alle belve. Per isfogare viemaggiormente lo sdegno contro quella sua così forte costanza, le riserbò il più raffinato tormento, che potesse spaventarla. Lei, coll’invitta sua compagna Felicita, nudarono d’ogni veste, ed avviluppatala nelle reti la esposero nell’arena agli occhi del popolo. Ma il popolo si mosse a pietà, e colle grida ottenne. che almeno si risparmiasse loro quell’insopportabile rossore. 11 toro invase Perpetua, la colpì noi fianco, la sbalzò nell’aria, e quand’essa ricadde in terra fu vista tutta occuparsi non delle ferite, ma delle vesti che non si scomponessero con indecenza. A tale sguardo la gente si commosse, e impedì che fosso continuato l’assalto del toro, sicché fu ella finita colla spada dal gladiatore. Pochi istanti prima di morire essa abbracciò il suo fratello, e lo esortò a conservarsi sempre fedele al Dio dei cristiani, ch’esso adorava o per cui ella moriva. Tal era in quei grandi patimenti la calma o la serenità di Perpetua, che additò essa medesima al suo carnefice, mal pratico, ove dovesse colpire per darle la morte. Così l’invitta Martire africana se ne volò coll’anima al cielo, per congiungersi a quel Dio, che Ella avea amato più che il proprio padre o il proprio figliuolo. Il suo cadavere fu raccolto e conservato dai cristiani come preziosissima reliquia; e quando la pace fu data ai fedeli venne riposto nella grande Basilica di Cartagine. S. Agostino[5] attesta che ogni anno il dì commemorativo di sì glorioso martirio attirava al sepolcro di S. Perpetua molto maggior concorso di devoti, che la curiosità non ne avea già uniti nel teatro della loro passione.
    Santa Perpetua è un grande modello dell’amore che il cristiano dee portare ai proprii parenti. Si debbono amare subordinatamente a Dio: si debbono condurre a Dio, o non lasciarsi mai da loro alienar da Dio. Perpetua cominciò la sua confessione di Gesù Cristo col resistere alle lusinghe ed alle preghiere dei suoi parenti; e la finì coll’esortare il proprio fratello a conservarsi costante nella fede cristiana. Tutto al rovescio si costuma da certi fedeli, i quali amano più la loro carne e il loro sangue che il loro Dio, o almeno non li amano di quell’amore che li conduce a Dio. Mentre son vivi i parenti, quanto spesso si dà disgusto a Dio per non darlo ad essi? Quando poi son morti, pochissimi pensano a condurne le anime al Signore. Se i fedeli pensassero davvero a suffragar le animo di quei parenti, che mi dicono di amar tanto, il Purgatorio sarebbe spopolato. L’esempio di S. Perpetua ci serva a porre miglior regola al nostro amore. Amare i parenti vuoi dire far loro del bene vero; e il vero bene propriamente quello dell’anima. Facciamo dunque del bene alle anime dei parenti vivi, edificandoli, consigliandoli, spronandoli, costringendoli, se occorresse, alla pietà ed alla virtù. Facciamolo collo stesso zelo alle anime dei parenti defunti, colle preghiere, colle mortificazioni, colle limosine, colle messe, colle comunioni. Chi fa questo li ama davvero, e li ama ordinatamente: perchè li ama in Dio, con Dio, e per Dio, come li amava la castissima Martire di Cartagine Santa Perpetua.


    Note

    [1] Arciconfraternita delle Anime Sante del Purgatorio Istituita il 9 ottobre 1615 dal parroco della Chiesa di San Bartolomeo Don Giacomo Pregadio che proprio in quell’anno fece costruire una cappella dedicata al culto delle Anime del Purgatorio.
    Il 22 agosto 1616, con una Bolla, la Congrega ottenne da Papa Paolo V l’aggregazione alla Compagnia della Morte che ha sede in Roma. Fu denominata anche Confraternita della Buona Morte in quanto Carlo IV Re di Spagna la investì dei poteri di assistere i condannati alla pena capitale e di liberarne tre il 2 novembre di ogni anno.
    In virtù dei titoli di “Venerabile” e “Lata” che le furono attribuiti dal viceré di Sicilia nel 1712 fu chiamata “Arciconfraternita”.
    Ai nostri giorni, come recita l’art. 4 dello Statuto approvato il 12 marzo 1988, possono far parte dell’arciconfraternita tutti i cittadini di sesso maschile che professano la religione cattolica e che hanno compiuto il quindicesimo anno di età.
    L’arciconfraternita ha lo scopo di divulgare la fede cristiana e di tenere vivo il culto dei morti, operando nel rispetto delle tradizioni e del dettato delle Sacre Scritture; mira a promuovere ogni azione rivolta all’incremento del patrimonio morale e religioso dei confrati per una vita socialmente tendente ad opere di solidarietà cristiana.
    L’insegna del rettore è un’asta in legno sulla cui sommità è collocato un teschio con due ossa incrociate realizzate integralmente in osso.
    La chiesa di appartenenza è la Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, eretta e costruita ad opera dell’arciconfraternita nel 1671, sorge fra quella di San Tommaso ed il Collegio di Maria. Edificata nel 1671, entra nella scenografia architettonica della Piazza F.sco Paolo Neglia con la facciata esposta ad ovest, mentre la fiancata laterale libera, esposta a sud, disegna di scorcio le linee prospettiche che si perdono nella via Anime Sante. E’ un edificio ad unica navata, in stile barocco; la facciata è impreziosita da un portale che denuncia chiaramente le sue origini stilistiche tramite la cosiddetta “eresia barocca” che lo contraddistingue, ossia la caratteristica rottura della trabeazione dell’ordine architettonico tipica appunto del periodo barocco; il portale, in pietra rossa, presenta fregi, cornici e colonne corinzie molto caratterizzanti.
    L’interno della chiesa è sormontato da una volta a botte, ornata da stucchi di gesso a figurazioni floreali, dove il pittore fiammingo Guglielmo Borremans inserì tra il 1720 ed il 1723, dipinte a fresco, alcune scene raffiguranti “la Gloria della Madonna con Papa Urbano VIII”, “il trionfo della fede” e “la cacciata degli angeli ribelli dal Paradiso”. Sull’altare maggiore si trova un dipinto del pittore ennese Saverio Marchese, titolato “il Purgatorio”. Notevole è il pulpito ligneo del 700, posto nella navata, ornato di splendide sculture. Infine la pregevole pavimentazione in maiolica ornata con motivi floreali che ricopre l’intero piano di calpestio della navata e del coro.(fonte)

    [2] La basilica di Santa Maria in Trastevere è il più importante luogo di culto cattolico del rione Trastevere a Roma, sede dell’omonima parrocchia, ed è situata in piazza di Santa Maria in Trastevere.
    La basilica, secondo la tradizione, venne fondata da papa Callisto I (217-222), nel luogo in cui dal terreno sgorgò dell’olio, e compiuta da Giulio I (337-352).
    Durante l’VIII e il IX secolo, vennero aggiunte le navate laterali, risistemato il presbiterio e scavata la confessione, nella quale furono poste le spoglie di alcuni martiri tra cui quelle di san Callisto, fondatore della basilica.
    La struttura architettonica attuale risale alla ricostruzione effettuata nel 1138-1148, con materiale in parte di spoglio proveniente dalle Terme di Caracalla, e voluta da papa Innocenzo II (1130-1143). Il pontefice non riuscì a vedere il compimento e la decorazione della basilica, ma lasciò, tuttavia, i mezzi economici necessari per condurre a termine i lavori.
    Nel XVI secolo, il cardinale austriaco Marco Sittico Altemps fece realizzare la Cappella della Madonna della Clemenza e alcune di quelle laterali su progetto di Martino Longhi il Vecchio.
    Nel 1702, papa Clemente XI fece riedificare il portico e modificare la facciata su progetto di Carlo Fontana.
    Durante il pontificato di Pio IX, tra il 1866 ed il 1877, la chiesa fu sottoposta ad un articolato restauro per opera dell’architetto Virginio Vespignani.(fonte)

    [3] Perpetua (… – Cartagine, 7 marzo 203) e Felicita (… – Cartagine, 7 marzo 203) furono due giovani cristiane che subirono il martirio sotto l’imperatore Settimio Severo insieme a Saturo, il catechista di Perpetua, Revocato, Saturnino e Secondolo.
    Sono venerate come sante sia dalla Chiesa cattolica che dalle Chiese ortodosse.(fonte)

    [4] Lucio Settimio Severo Augusto (in latino: Lucius Septimius Severus Augustus; Leptis Magna, 11 aprile 146 – Eboracum, 4 febbraio 211) è stato un imperatore romano dal 193 alla sua morte. Giunto al potere dopo la guerra civile romana del 193-197, fu il fondatore della dinastia severiana. In linea con le scelte di Marco Aurelio ripristinò alla sua morte il principio dinastico di successione, facendo subentrare i figli Caracalla e Geta.
    L’ascesa di Settimio Severo costituisce uno spartiacque nella storia romana; è considerato infatti l’iniziatore della nozione di “dominato” in cui l’imperatore non è più un privato gestore dell’impero per conto del Senato, come durante il principato, ma è unico e vero dominus, che trae forza dall’investitura militare delle legioni (anche se anticipazioni di questa tendenza si erano avute durante la guerra civile seguita alla morte di Nerone).
    Egli fu inoltre iniziatore di un nuovo culto che si incentrava sulla figura dell’imperatore, ponendo le basi per una sorta di “monarchia sacra” mutuata dall’oriente ellenistico. Adottò infatti il titolo di dominus ac deus, che andò a sostituire quello di princeps, che sottintendeva una condivisione del potere col Senato.(fonte)

    [5] Aurelio Agostino d’Ippona (in latino: Aurelius Augustinus Hipponensis; Tagaste, 13 novembre 354 – Ippona, 28 agosto 430) è stato un filosofo, vescovo e teologo romano di origine berbera e lingua latina.

    Conosciuto anche come sant’Agostino, è Padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, detto anche Doctor Gratiae (“Dottore della Grazia”). È forse il maggiore rappresentante della Patristica dell’Occidente. Se le Confessioni sono la sua opera più celebre, si segnala per importanza, nella vastissima produzione agostiniana, il trattato La città di Dio.
    La vita di Agostino è stata tramandata con grande dettaglio nelle Confessioni, sua biografia personale, nelle Ritrattazioni, che descrivono l’evoluzione del suo pensiero, e nella Vita di Agostino, scritta dal suo amico e discepolo Possidio, che narra l’apostolato del santo.(fonte)