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Per formare nella donna italiana una “coscienza razzista”

    1942 Pensiero Medico
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    Prof. Gislero Flesch

    Tra i fattori morali partecipanti alla potenza di una nazione dobbiamo annoverare la « coscienza della razza », cioè la piena, intima consapevolezza di questa entità di cui ognuno è parte. Siffatta coscienza, che costituisce elemento essenziale di orgoglio, di fede, di vigoria creativa, è la vena profonda migliore donde può scaturire la prassi volta a difendere, a migliorare ed a potenziare la razza, sia sotto il riguardo numerico, sia sotto quello qualitativo, nella sfera così fisica come morale.
    Tale coscienza della razza[1], se in tutti gli strati di un popolo dev’essere opportunamente formata, deve innanzi tutto rifulgere nella donna, come in colei cui è assegnata dalle leggi naturali la parte più importante quale difenditrice dei caratteri razziali. E gelosa difenditrice ella deve essere dei più vetusti e più puri caratteri del passato, rinnovantisi ed evolventisi nel presente, per forza di amore scaturente da chiara consapevolezza, da luminosa fede, da adeguata saggezza. Virtù queste solo conseguibili con la conoscenza dei problemi che vedono sul vasto settore degli studi razziali concernenti l’ereditarietà, l’eugenica e la profilassi, tanto nell’orbita somatica quanto in quella psichica. « L’uomo » ha detto Bacone « tanto può quanto sa ».
    L’acquisizione di codeste nozioni, almeno in linea generale, dev’essere per la donna italiana un alto e imprescindibile dovere. In lei è l’avvenire di una razza vigorosa di corpo e di mente ; ella rappresenta la portatrice mortale di una vita immortale. Di questa sua alta responsabilità, di questa sua parte essenziale nella continuità rigogliosa della razza, la donna deve avere comprensione e ‘sentimento particolari. Dal netto comprendere e dal profondo sentire nasce il relativo agire: un agire fermo e chiaro, secondo una linea di condotta incisa, per così dire, nel cervello e nel cuore. In ciò consiste la forza creatrice di generazioni forti e valide, la quale subentrerà alla diffusa trascuranza circa l’avvenire del patrimonio ereditario razziale. Il desiderio della formazione di una forte razza virile sarà il senso della vita. Ed in virtù di questo « amore della formazione », segreta forza plasmatrice, il desiderio prenderà forma visibile, pensiero si farà carne.
    La donna, così, nel suo vasto ambito di azione, concorrerà coscientemente a produrre una discendenza non già inferiore ai suoi produttori bensì il più possibile in costante progressione in rapporto alla famiglia iniziale.
    Le considerazioni che seguono varranno a dimostrare la necessità di formare nella donna una siffatta « coscienza della razza », primum movens di ogni attuazione nel settore pratico del miglioramento razziale.

    Compiti della donna nel settore razziale

    La donna d’Italia, in questa nostra epoca dominata dalla grande realtà, della ricostruzione dell’Impero di Roma, ha indubbiamente responsabilità e compiti nuovi che vanno studiati e risolti tenendo presente che è inutile richiamarsi a vecchie e superate tradizioni, che è dannoso affidare tutta la questione a considerazioni e a rimedi materialistici, e che, infine, non si debbono ignorare certe esigenze del tempo nostro, a meno di cadere nella retorica e nella ipocrisia, le quali giammai hanno formato una coscienza, bensì effimere maschere.
    È quindi della massima importanza la esatta e realistica impostazione del problema. La donna è essa all’altezza delle esigenze razziali e demografiche di Roma? Non ancora perfettamente. Quali ne sono le cause? Va-rie e di varia natura. Prima fra tutte, la più pericolosa e veramente fondamentale, è una specie di insufficienza etico-sentimentale, dove più e dove meno grave, ma certamente diffusa. È in questo campo che si impone una vasta opera di risanamento, la quale, certa-mente, darà, dei risultati assai migliori e — ciò che più conta — molte più sostanziali di ogni altro rimedio esterno e coercitivo. Le altre cause di cui non ci occupiamo — sono di carattere economico e sociale; esse hanno la loro importanza, ma presentano un valore molto meno determinante della prima, da cui, peraltro, direttamente dipendono e il peso e la influenza delle ultime.
    Ad ovviare siffatti pericoli della scarsa coscienza razziale femminile, possono validamente contribuire i seguenti fattori : una chiara comprensione dei problemi fondamentali della sessualità nelle sue radici biologica, spirituale, sociale; una sufficiente istruzione nei problemi della propagazione della razza ; una buona conoscenza dei compiti inerenti alla educazione della prole, sia in tema generale, sia in tema di sentimento e orgoglio dì razza.
    Per questa via vedremo sorgere la donna nuova, quale portatrice di civiltà e creatrice di valori eterni, quale cosciente incarnazione di una femminilità più genuina e più pura, che attrae a sè, purificandola e innalzandola, l’umanità.

    Il problema della razza

    Il problema della razza è problema politico, morale, sociale, ma è principalmente problema biologico. Bisogna però sgomberare la mente da tutto ciò che il termine « biologico » può suscitare in senso dispregiativo nei cervelli suggestionabili da certuni in mala fede. Si opera infatti un’abusiva trasposizione di concetti quando si mette il segno di equivalenza tra la parola « biologico » e la parola « materialista » o « animalità ». Si dimentica, in questo caso, o si fingo di obliare, che trattasi sempre di una « biologia umana », ossia di una scienza che — studiando integralmente la vita dell’uomo nella sua costituzione unitaria morfo-fisio -psichica — investiga anche il formarsi di determinati gruppi di umanità per stabilire distinzioni non solo fisiche, ma precipuamente spirituali.
    Inoltre, assegnare un posto più alto al concetto di « nazione » dimenticare quanto di universale, e quindi di umano e di spirituale, è nel concetto di « razza », il quale ha limiti ben più estesi del concetto politico di « nazione ».
    La biologia della razza è la pura biologia sociale delle collettività umane omogenee, per le storiche eredità, per le correlazioni armoniche di pensiero e di azione, di rapporti finanziari, industriali, corporativi, per finalità etiche e per evoluzione di civiltà.
    Dalla somma dei caratteri corporei e spirituali propri ad una razza si forma una tipica personalità, una individualità determinata, costituente il « biotipo razziale ».
    Tale complesso di armonie corporeo-spirituali, forse inavvertitamente, ma con, piena naturalezza, riempie di volontà di vita e di potenza, ogni partecipe della razza; ad ogni istante indicandogli la direzione  e il fine. Nell’anima della razza, il veemente voler sussistere è nobilitato dall’imperioso voler progredire. È lo spirito che lega i morti ai vivi, le generazioni che furono a quelle che saranno. Attraverso il germe, che la donna porta e accoglie in sé, passano non solo i caratteri singoli dei genitori immediati, ma i caratteri defila stirpe di cui fa parte : caratteri fisici e psichici.
    Dunque, nella coscienza di razza della donna italiana dovrà stare ben chiaro il concetto, che quelle materialistiche « dottrine » in fallimento, le quali cercano di spiegare il formarsi e il decadere delle civiltà — al di fuori degli uomini considerati quali « forze spirituali » — in una specie di biologia apocalittica, sono nettamente ripudiate dal « razzismo di Roma » dal nostro » razzismo; il quale poggia su basi non caduche, non demolibili come ciò che è pura materia, ma sì perenni come lo spirito immortale. Senza del quale le masse umane avrebbero la stessa « inerzia » delle masse inorganiche, senza del quale non può saldarsi, l’anello fra il passato e l’avvenire.
    Partendo da tale concetto unitario biopsicologico, la grandiosa opera di difesa razziale — che è la prassi scaturente dalla coscienza della razza — si raggruppa in tre grandi principali settori umanità che genera ; umanità che nasce; umanità che cresce. In questi settori la parte della donna come generatrice, come madre, come prima educatrice è essenziale.

    Teoria e prassi dell’eugenetica razziale

    Il destino dell’uomo, per quanto concerne la, sua costituzione, il suo avvenire fisico e psichico, è definito in gran parte, già prima della procreazione, dal fattore ereditano; il quale è nel nostro dominio, dipendendo dalla più o meno felice coniugazione degli elementi qualitativi degl’individui generanti. Innanzi che le cellule germinali, innanzi che i gameti paterni e materni si siano congiunti, già esiste in essi il fondamentale condizionamento del tipo morfo-fisio-psicologico dell’individuo che formeranno unendosi, condizionamento trasmesso di generazione in generazione.
    Non si può intendere il significato profondo di questa corrente di studi e di pensiero senza la conoscenza del meccanismo dello sviluppo degli esseri : non è possibile abbracciare con gli occhi della mente l’ampia distesa degli studi eugenici senza conoscere, sia pure per sommi capi, il fenomeno ereditario. Le leggi di Mendel rappresentano i capisaldi di tutte le applicazioni eugenetiche. Pertanto, essere a conoscenza delle cognizioni intorno al fenomeno ereditario è per la donna di oggi singolarmente doveroso: senza questa conoscenza non si possono avere idee chiare e precise, convinzione e coscienza in fatto di eredità ; intorno alla quale gira tutto il mondo organico, e dalla quale deve muovere ogni possibile prassi eugenica razziale.
    La prepotenza o impulso sessuale si spiega, teleologicamente, guardando allo scopo altissimo che deve attingere : la conservazione della specie. Sulla via di questo supremo compito teleologico non v’è in natura luogo ad ostacoli nè a coercizioni : ed ecco la necessità della conoscenza delle leggi della ereditarietà, conoscenza atta a recare un soffio razionalizzatore, sì, ma eugenico, sulla procreazione. Dal punto di vista del selezionismo razzista, ossia di una pratica volta alla purificazione della razza, posto che le leggi mendeliane abbiano valore anche per la specie, umana, è evidente che impedendo, in un popolo, per una serie di generazioni, ogni ulteriore coniugazione con elementi di altra razza, per forza di tali leggi si avrebbe la razza integra e pura , e l’altro aspetto e di tale dottrina, relativo al fatale rie-mergere della eredità introdotta da un elemento biologico eterogeneo oppure malato, anatemizza ogni ulteriore incrocio produttore di ibridi, come ogni connubio non eugenico.
    L’ eugenica, basandosi sulla trasmissione ereditaria dei caratteri, vuole che l’unione avvenga fra gameti portatori delle migliori potenzialità, ereditarie, cioè appartenenti a individui fisicamente e psichicamente ben costituiti e provenienti a loro volta da ceppi famigliari privi di tare morbose (genotipi sani). Da. qui la finalità di educare la donna alla responsabilità eugenica del matrimonio. facendo opera di propaganda delle nozioni sulla ereditarietà, in quanto la divulgazione di esse contribuisce indirettamente al miglioramento della razza. Nozioni fondamentali, direi quasi obbligatorie a infondersi in ogni donna italiana, sono pertanto determinismo e la peculiarità di trasmissione dei vari caratteri ereditari; le condizioni capaci di modificare tale trasmissione e tali caratteri; la parte dovuta alle condizioni ereditarie e a quelle ambienti nella formazione del bio-psicotipo, normale e patologico; gli stati morbosi e le anomalie ereditarie trasmissibili (debolezza mentale, demenza precoce, pazzia maniaco-depressiva, epilessia, corea, sordità, cecità, alcoolismo, criminalità, vagabondaggio, prostituzione) ; il modo con cui è possibile determinare aprioristicamente le potenzialità ereditarie, vale a dire il patrimonio naturale che ogni individuo potrà trasmettere alla propria discendenza. La conoscenza di tali nozioni — debitamente porte in acconci volgarizzamenti a seconda del grado di cultura delle singole categorie — sviluppando sempre più nella generale considerazione la coscienza della responsabilità che col matrimonio si assume di fronte alla famiglia, alla società, alla patria, si mostreranno fertili di proficue applicazioni.
    L’ideale della profilassi razzista consiste appunto nell’agire in guisa elio sia impedita ogni forma di eredità indesiderabile, sì da essere la discendenza la migliore possibile ecco il grande problema risolvibile teoricamente a mezzo delle odierne avanzate cognizioni scientifiche, e praticamente a mezzo delle relative attuazioni che la scienza ci addita e a cui la donna deve aspirare. Le leggi della ereditarietà delineano il quadro di un’ampia eugenica, di una eugenica nel senso più lato, che investe sangue e spirito.
    E una razza come la nostra, creatrice, nei secoli, di Altissimi e perenni valori spirituali, dev’essere — in questo nostro odierno clima perfettibilità — tutelata nella sua purezza e vigoria.

    Articolo tratto da:

    PENSIERO MEDICO – Quindicinale di Medicina Chirurgia Igiene Politica Sanitaria Interessi Professionali Fondato nel 1911
    Anno XXXI – N. 57 FEBBRAIO 1942-XX
    Nando Bennati Direttore
    Gonario Deffenu, Redattore Capo


    Note

    [1] Le leggi razziali fasciste furono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi applicati in Italia fra il 1938 e il primo lustro degli anni quaranta, inizialmente dal regime fascista e poi dalla Repubblica Sociale Italiana, rivolti prevalentemente contro le persone ebree.
    Il loro contenuto fu annunciato per la prima volta il 18 settembre 1938 a Trieste dal dittatore Benito Mussolini, da un palco posto davanti al Municipio in Piazza Unità d’Italia, in occasione di una sua visita alla città.
    Furono abrogate coi regi decreti-legge n. 25 e 26 del 20 gennaio 1944, emanati durante il Regno del Sud, mentre nella Repubblica Sociale Italiana continuarono a essere applicate fino all’aprile 1945.(fonte)

    Il primo documento ufficiale da cui sono poi scaturite le suddette Leggi Razziali, è il Manifesto sulla purezza della razza pubblicato il 14 Luglio 1938 al quale aderirono, nella quasi totalità, le personalità della cultura italiana tra i quali Gislero Flesch.(fonte)

    Gislero Flesch fu anche autore di numerose pubblicazioni. Per l’Enciclopedia Italiana ha curato la voce “Minorenni”, Enciclopedia Italiana – II Appendice (1949).(fonte)