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Rubino Angelo, 1925-35

    DOMANDA DI AMMISSIONE A SOCIO EFFETTIVO

    Alla Spettabile
    Federazione Nazionale Italiana fra Veterani Garibaldini
    Sede Centrale – Piazza dell’Esedra, 10 – Roma (22)

    Io sottoscritto, Legionario Garibaldino, Rubino Angelo
    figlio di fu Giuseppe nato il 25 Dicembre 1843 a Palermo
    (Provincia di ..) di professione Cuciniere
    avendo fatte le Campagne di Guerra 1860[1] – 61[2] .  1866[3] L. 396. 447
    col grado di Soldato Reg.° Fardella[4] 3. Comp. (49.Batt. Bersaglieri 1866)
    a tenore delle decisioni adottate per l’ammissione alla Federazione Nazionale Italiana fra Vete-
    rani Garibaldini, e presa esatta cognizione dello Statuto che regge la Federazione, domando di
    essere inscritto come Socio.
    Mi obbligo di pagare puntualmente e anticipatamente la quota annuale di lire cinque.
    A richiesta fornirò prove delle Campagne di guerra fatte.
    Invierò una fotografia adatta per tessera, firmata in modo visibile sotto la figura.
    Dichiaro pure di sottopormi alle disposizioni tutte dello Statuto ed a quelle che potran-
    no essere emanate dagli organi Direttivi della Federazione.
    Palermo addì Settembre  1925

    SOCIETÀ SUPERSTITI GARIBALDINI – PALERMO
    IL PRESIDENTE
    Carlo Albanese


    FIRMA DEL DICHIARANTE
    Segno di cro + ce Rubino Angelo
    domiciliato a   (Provincia di Digirolamo – teste)

    Via  N.

    N: 1014. di iscrizione
    Ammesso socio con deliberazione del Consiglio Direttivo il giorno
    IL COMITATO DEI CENSORI          

     IL PRESIDENTE
     

    Timbro SOCIETÀ SUPERSTITI GARIBALDINI – SEDE CENTRALE PALERMO

    Note a matita blu rossa 68/54

    Rubino Angelo, domanda, 1925
    Rubino Angelo, domanda, 1925

    Il Sottoscritto, Superstite Garibaldino,
    essendo in bisogno, chiede un sussidio dalla
    largizione fatta dal Governo Nazionale
    per mezzo della Federazione Garibaldina.
    Segno Croce X Rubino Angelo fu Giuseppe
    Francesco Giardina Testimone

    Nato il 18. 2. 1843.
    Libretto di Assegno Vitalizio
    N.° 396-447.
    Domiciliato . Fondo Mendola a N. 17 Palermo

    Timbro SOCIETÀ SUPERSTITI GARIBALDINI – SEDE CENTRALE PALERMO

    Note a matita 46/69 matita blu Sì 1309 68 50/sigla

    Rubino Angelo, domanda manoscritta
    Rubino Angelo, domanda manoscritta

    29 Giugno 1926

    Dichiaro di aver ricevuto per
    conto della Federazione di Garibaldini
    di Roma Lire 50 = =
    X

    Per Rubino Angelo
    Digirolamo teste

    Timbro SOCIETÀ SUPERSTITI GARIBALDINI – SEDE CENTRALE PALERMO

    Note a matita Rubino Angelo matita blu 1309 matita rossa 54

    Rubino Angelo, ricevuta, 1926
    Rubino Angelo, ricevuta, 1926

    FEDERAZIONE NAZIONALE VOLONTARI GARIBALDINI
    SEDE CENTRALE
    ROMA

    N. 1309
    Roma 13 Aprile 1935 XIII
    Ill. mo Sig. Podestà
    PALERMO

    Per uso dell’Archivio storico di questa Federazione,
    La preghiamo di volerci trasmettere la data di morte del
    Garibaldino:
    RUBINO ANGELO fu Giuseppe = Fondo Mendola, 7
    Le saremo grazie di voler provvedere perché tale
    notizia ci venga comunicata dall’Ufficio Anagrafe.
    In attesa La preghiamo gradire i nostri più cordiali saluti

    IL PRESIDENTE
    (ON. GEN. EZIO GARIBALDI)

    Timbro MUNICIPIO DI PALERMO 4 MAG. 35
    UFF. STATODI
    SERIE N°

    Note a penna 2635
    811/378 Stato Civile 315/ 4 Riina
    3 l

    2/4 JA

    Rubino Angelo, domanda, 1935
    Rubino Angelo, domanda, 1935


    N. 1309

    Spett. Federazione Nazionale Valontari Garibaldini
    Roma
    Via Condotti 9

    Ci pregiamo comunicare che il veterano Garibaldino
    RUBINO ANGELO fu Giuseppe = Fondo Mendola, 7
    è deceduto in questo Comune il giorno 13
    del mese di Aprile 1933
    Con osservanza

    IL PODESTÀ
    firmato

    Pal 5 – 6 -935
    Normato

    Timbro MUNICIPIO DI PALERMO UFF. DI STATO CIVILE

    Retro

    2/ Spett
    Federazione Nazionale
    Volontari Garibaldini
    Roma

    Timbro REGIE POSTE COMUNE DI PALERMO

    Timbro ROMA 10-11 14-VII 35-XIII DISTRIBUZIONE

    Rubino Angelo, risposta, 1935
    Rubino Angelo, risposta, 1935
    « di 2 »


    Note

    [1] 1860
    Dopo l’armistizio di Villafranca, la maggior parte dei volontari si congedò; il Ministero allora con un decreto del 6 settembre ordinò lo scioglimento del Corpo e la formazione di una Brigata Cacciatori delle Alpi, costituita l’11 ottobre con il 1º Reggimento (dai soppressi 2º e 5º Reggimento, e le 4 compagnie di bersaglieri) a Como ed il 2º Reggimento (con i soppressi 1º, 3º e 4º reggimento e parte del battaglione adolescenti) a Bergamo. Il 14 maggio 1860 la Brigata Cacciatori delle Alpi ebbe poi nome di Brigata Alpi, reggimenti 51º e 52º del Regio Esercito, posta al comando del maggior generale Luigi Bianchis di Pomaretto. Il 51º e 52º furono integrati con la truppa (metà a testa) del battaglione Valtellinese sciolto solo il 20 maggio 1860. Stesso destino ebbero il 30 novembre 1859 artiglieria, genio, ambulanza e treno. Nel novembre vennero licenziate le guide a cavallo, andate con Garibaldi a Bologna. Il battaglione adolescenti, passati al 2º reggimento i giovani di età superiore ai 17 anni, andò con i rimanenti a Biella.
    Venne il 9 febbraio 1860 considerato succursale del battaglione figli dei militari e fu sciolto il 1º gennaio 1861.Nel 1860 i veterani Cacciatori ed i loro ufficiali avrebbero fornito il nerbo delle camicie rosse alla spedizione dei mille. (fonte)

    [2] 1861
    Assedio di Gaeta. (5 novembre 1860 – 13 febbraio 1861 ) L’assedio durò 102 giorni, di cui 75 trascorsi sotto il fuoco piemontese. Tra tutti gli assedi subiti da Gaeta nella sua millenaria storia di fortezza militare fin dall’846, questo fu il più ingente per i mezzi militari impegnati. Il numero ufficiale delle vittime di questo assedio fu:
    tra le file piemontesi: 46 morti, 321 feriti;
    tra le file borboniche: 826 morti, 569 feriti, 200 dispersi.
    Purtroppo non ci sono le registrazioni ufficiali di morti, feriti e dispersi tra la popolazione civile, che pure patì l’assedio.
    Il 4 febbraio 1861 venne centrata dal tiro dell’artiglieria di Casa Occagno la polveriera Cappelletti, dove erano stipati 180 chili di polvere da sparo e solo grazie all’eroismo di alcuni artificieri si evitò che l’incendio si propagasse pure alla polveriera Transilvania. Il 5 febbraio 1861 alle ore 16 il magazzino delle munizioni della batteria S. Antonio esplose, creando una breccia nei bastioni di protezione larga circa 30-40 metri, la perdita di oltre 7 tonnellate di polvere da sparo e circa 42.000 cartucce da carabina e da fucile. Nel crollo morirono 316 artiglieri napoletani e 100 civili. Gli artiglieri piemontesi gioirono per il grave danno arrecato alle difese borboniche e incominciarono a gridare “Viva l’Italia!” così forte che si sentì fin dentro le mura di Gaeta. (fonte)
    Assedio di Civitella del Tronto (1860-1861) fu uno scontro del Risorgimento, l’ultima battaglia che vide contrapposte le truppe dell’esercito sabaudo e quelle dell’esercito delle Due Sicilie, conclusosi tre giorni dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Dopo tre giorni di bombardamenti, alle ore 11:00 del 20 marzo 1861, il maggiore Giovanni Raffaele Tiscar espose la bandiera bianca e proclamò la resa a nome dell’intera guarnigione. Tiscar, vice-comandante del forte, firmò la capitolazione congiuntamente al tenente colonnello dell’armata sarda Emilio Pallavicini. (fonte)

    [3] 1866
    La Terza guerra d’indipendenza italiana è un episodio del Risorgimento. Fu combattuta dal Regno d’Italia contro l’Impero austriaco dal 20 giugno 1866 al 12 agosto 1866. Appartiene alla più ampia guerra austro-prussiana della quale rappresentò il fronte meridionale. Ebbe origine dalla necessità dell’Italia di affiancare la Prussia nel tentativo comune di eliminare l’influenza dell’Austria sulle rispettive nazioni. Dopo l’attacco della Prussia all’Austria del 15 giugno 1866, così come previsto dal trattato di alleanza italo-prussiana dell’aprile 1866, l’Italia dichiarò guerra all’Austria. Passato il confine, una parte dell’esercito italiano comandata da Alfonso La Marmora fu però sconfitta nella battaglia di Custoza. Né tale insuccesso fu bilanciato dagli eventi successivi, poiché ad esso seguì per l’Italia un’altra sconfitta nella battaglia navale di Lissa. Fu invece una vittoria italiana la contestuale avanzata di Giuseppe Garibaldi nel Trentino, culminata nella battaglia di Bezzecca. (fonte)

    [4] Enrico Fardella di Torrearsa (Trapani, 11 marzo 1821 – Trapani, 5 luglio 1892) è stato un generale e politico italiano.
    Esponente del nobile casato siciliano dei Marchesi di Torrearsa Enrico (Enoch) Fardella fu un rivoluzionario antiborbonico, tra i protagonisti della rivoluzione siciliana del 1848 insieme al fratello maggiore Vincenzo, futuro presidente del Senato del Regno. Liberò Trapani dalla guarnigione borbonica insieme a Salvatore Calvino e divenne colonnello di cavalleria, comandante di un battaglione dell’esercito costituzionale del Regno di Sicilia.
    Dopo l’arresto nella fallita spedizione in Calabria, nel 1849 va in esilio volontario a Londra, quindi raggiunse Costantinopoli e si arruolò nel 1855 per combattere i russi, con il grado di colonnello di stato maggiore. Gli fu affidato un reggimento della cavalleria ottomana nella guerra di Crimea. Prese parte alla battaglia di Balaklava. Sposò l’irlandese Giannina Drucket. È al fianco di Garibaldi nel 1860 quando, durante la spedizione dei Mille, comanda un reggimento. (fonte)

    Ezio Garibaldi

    Ultimo figlio maschio di Ricciotti Garibaldi (1847-1924) e dell’inglese Harriet Constance Hopcraft (1853-1941) – prima di lui erano nati Rosa, Italia, Giuseppe, Ricciotti, Menotti, Sante e Bruno, Costante, dopo di lui Giuseppina –, nacque a Riofreddo, località situata a una sessantina di chilometri da Roma. Nel 1911 si iscrisse all’istituto industriale di Fermo, interrompendo gli studi per raggiungere la Legione garibaldina in Grecia nel 1912.

    Ezio Garibaldi fu eletto deputato nel listone fascista nel 1929 e rieletto nel 1934.[9] Presidente della FNVG (Federazione Nazionale Volontari Garibaldini), aderì ufficialmente al Partito Nazionale Fascista, rompendo le relazioni con suo fratello Sante, emigrato in Francia, che aveva costituito alcune associazioni garibaldine di ispirazione antifascista nel paese transalpino. Subito dopo l’inizio della seconda guerra mondiale Ezio Garibaldi sostenne vigorosamente i Gruppi d’Azione Nizzarda (G.A.N.), fautori della riunificazione di Nizza al Regno d’Italia.

    Fonte: wikipedia.org

    Approfondimenti

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