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Perino Nicolò, 1925-26

    DOMANDA DI AMMISSIONE A SOCIO EFFETTIVO

    Alla Spettabile
    Federazione Nazionale Italiana fra Veterani Garibaldini
    Sede Centrale – Piazza dell’Esedra, 10 – Roma (22)

    Io sottoscritto, Legionario Garibaldino, Perino Nicolò (squadrigliere)
    figlio di fu Saverio nato il 24 luglio1843 a Villafrati
    (Provincia di Palermo ) di professione Agrumaio  bib. 220. 881.
    avendo fatte le Campagne di Guerra 1860[1]-61[2], 62[3], con Menotti[4]
    col grado di Soldati Div. Bers. Brigata 52esima  I Batt
    a tenore delle decisioni adottate per l’ammissione alla Federazione Nazionale Italiana fra Vete-
    rani Garibaldini, e presa esatta cognizione dello Statuto che regge la Federazione, domando di
    essere inscritto come Socio.
    Mi obbligo di pagare puntualmente e anticipatamente la quota annuale di lire cinque.
    A richiesta fornirò prova delle Campagne di guerra fatte.
    Invierò una fotografia adatta per tessera, firmata in modo visibile sotto la figura.
    Dichiaro pure di sottopormi alle disposizioni tutte dello Statuto ed a quelle che potran-
    no essere emanate dagli organi Direttivi della Federazione.
    Palermo addì 1 ott 1925

    SOCIETÀ SUPERSTITI GARIBALDINI – PALERMO
    IL PRESIDENTE
    Carlo Albanese

    FIRMA DEL DICHIARANTE
    Perino Nicolò

    Domiciliato a (Provincia di )
    Via N.

    N.   di iscrizione
    Ammesso socio con deliberazione del Consiglio Nazionale il giorno 15 aprile 25.
    IL COMITATO DEI CENSORI
    …………….  …………….
          …………….

    IL PRESIDENTE

     Note matita blu 57 matita rossa 21

    Perino Nicolo, domanda, 1925
    Perino Nicolo, domanda, 1925


    Il sottoscritto superstite garibaldino, essendo
    in bisogno, chiede un sussidio dalla largizio=
    ne fatta dal Governo Nazionale per mezzo della
    Federazione Garibaldina.
    Palermo 5 Marzo 1926

    Nato il 24-7-1842
    Libretto di assegno vitalizio
    ppro 220.881
    domiciliato Pensionato G.

    Perino Nicolò fu Saverio

    Note a matita blu 57/sì  1298 56 50/sigla

    timbro SOCIETÀ DEI SUPERSTITI GARIBALDINI

    Perino Nicolo, lettera, 1926
    Perino Nicolo, lettera, 1926

    Note

    [1] 1860
    Dopo l’armistizio di Villafranca, la maggior parte dei volontari si congedò; il Ministero allora con un decreto del 6 settembre ordinò lo scioglimento del Corpo e la formazione di una Brigata Cacciatori delle Alpi, costituita l’11 ottobre con il 1º Reggimento (dai soppressi 2º e 5º Reggimento, e le 4 compagnie di bersaglieri) a Como ed il 2º Reggimento (con i soppressi 1º, 3º e 4º reggimento e parte del battaglione adolescenti) a Bergamo. Il 14 maggio 1860 la Brigata Cacciatori delle Alpi ebbe poi nome di Brigata Alpi, reggimenti 51º e 52º del Regio Esercito, posta al comando del maggior generale Luigi Bianchis di Pomaretto. Il 51º e 52º furono integrati con la truppa (metà a testa) del battaglione Valtellinese sciolto solo il 20 maggio 1860. Stesso destino ebbero il 30 novembre 1859 artiglieria, genio, ambulanza e treno. Nel novembre vennero licenziate le guide a cavallo, andate con Garibaldi a Bologna. Il battaglione adolescenti, passati al 2º reggimento i giovani di età superiore ai 17 anni, andò con i rimanenti a Biella.
    Venne il 9 febbraio 1860 considerato succursale del battaglione figli dei militari e fu sciolto il 1º gennaio 1861.Nel 1860 i veterani Cacciatori ed i loro ufficiali avrebbero fornito il nerbo delle camicie rosse alla spedizione dei mille. (fonte)

    [2] 1861
    Assedio di Gaeta. (5 novembre 1860 – 13 febbraio 1861 ) L’assedio durò 102 giorni, di cui 75 trascorsi sotto il fuoco piemontese. Tra tutti gli assedi subiti da Gaeta nella sua millenaria storia di fortezza militare fin dall’846, questo fu il più ingente per i mezzi militari impegnati. Il numero ufficiale delle vittime di questo assedio fu:
    tra le file piemontesi: 46 morti, 321 feriti;
    tra le file borboniche: 826 morti, 569 feriti, 200 dispersi.
    Purtroppo non ci sono le registrazioni ufficiali di morti, feriti e dispersi tra la popolazione civile, che pure patì l’assedio.
    Il 4 febbraio 1861 venne centrata dal tiro dell’artiglieria di Casa Occagno la polveriera Cappelletti, dove erano stipati 180 chili di polvere da sparo e solo grazie all’eroismo di alcuni artificieri si evitò che l’incendio si propagasse pure alla polveriera Transilvania. Il 5 febbraio 1861 alle ore 16 il magazzino delle munizioni della batteria S. Antonio esplose, creando una breccia nei bastioni di protezione larga circa 30-40 metri, la perdita di oltre 7 tonnellate di polvere da sparo e circa 42.000 cartucce da carabina e da fucile. Nel crollo morirono 316 artiglieri napoletani e 100 civili. Gli artiglieri piemontesi gioirono per il grave danno arrecato alle difese borboniche e incominciarono a gridare “Viva l’Italia!” così forte che si sentì fin dentro le mura di Gaeta. (fonte)
    Assedio di Civitella del Tronto (1860-1861) fu uno scontro del Risorgimento, l’ultima battaglia che vide contrapposte le truppe dell’esercito sabaudo e quelle dell’esercito delle Due Sicilie, conclusosi tre giorni dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Dopo tre giorni di bombardamenti, alle ore 11:00 del 20 marzo 1861, il maggiore Giovanni Raffaele Tiscar espose la bandiera bianca e proclamò la resa a nome dell’intera guarnigione. Tiscar, vice-comandante del forte, firmò la capitolazione congiuntamente al tenente colonnello dell’armata sarda Emilio Pallavicini. (fonte)

    [3] 1862
    La giornata dell’Aspromonte fu una battaglia tra l’esercito regolare italiano ed i volontari garibaldini. Ebbe luogo il 29 agosto 1862, quando l’esercito regio fermò il tentativo di Giuseppe Garibaldi e dei suoi volontari di completare una marcia dalla Sicilia verso Roma e scacciarne papa Pio IX.
    Una squadra della Regia Marina era di vedetta. Non si sa cosa accadde all’uscita dal porto: i capitani sostennero di non aver avvistato le navi in uscita, ma Garibaldi, nelle Memorie, afferma il contrario. Sicuramente, appena i volontari presero terra ed imboccarono la strada del litorale verso Reggio Calabria, essi vennero bombardati da una nave italiana[quale?], mentre le avanguardie furono prese a fucilate da truppe uscite da Reggio, tanto da spingere Garibaldi a deviare per il massiccio dell’Aspromonte. In ogni caso la posizione di sbarco venne segnalata e la colonna intercettata. Dunque, o i capitani di vedetta a Catania non se la sentirono di eseguire ordini che il capitano della corazzata, al contrario, seguì alla lettera, ovvero si preferì evitare uno scontro in mare che avrebbe comportato assai più vittime garibaldine di uno scontro sulla terraferma.
    In ogni caso Garibaldi non voleva uno scontro: diede ordine di non rispondere al fuoco e proseguì per la montagna, lontano dai cannoni della Marina Regia e cercando di evitare di essere agganciato. La sera del 28 agosto 1862 la colonna raggiunse una posizione ben difendibile, a pochi chilometri da Gambarie, nel territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte. La colonna aveva marciato per tre giorni, e si sfamò saccheggiando un campo di patate. Nel frattempo si era ridotta a circa 1.500 uomini, a causa delle diserzioni e degli arresti. Verso mezzogiorno del 29 agosto Garibaldi fu informato dell’arrivo di una grande colonna del Regio Esercito, ma decise di rimanere ad aspettare la truppa. Una decisione che, nelle Memorie, si rimproverò. Era altresì difficile continuare una fuga infinita che si prospettava lunga e senza risultati.
    Schierò, comunque, la colonna in ordine di battaglia, sull’orlo di un bosco, in posizione dominante: la sinistra su un monte, Menotti al centro, Corrao a destra. (fonte)

    [4] Menotti Garibaldi
    Nacque nel borgo di São Luís, oggi quartiere della città brasiliana di Mostardas, stato del Rio Grande do Sul, primogenito di Giuseppe e Anita Garibaldi. Venne battezzato con il nome di Domenico, in onore del padre di Garibaldi, ma il Generale volle chiamarlo anche Menotti, in onore del patriota Ciro Menotti.
    Prese parte nel 1859, quando aveva appena 19 anni, alla campagna dei Cacciatori delle Alpi nella seconda guerra d’indipendenza italiana come guida a cavallo. Partecipò alla spedizione dei Mille, nella quale si distinse nella battaglia di Calatafimi con l’episodio della difesa del tricolore e sul Volturno, col grado di maggiore. Nel 1866, durante la terza guerra di indipendenza, comandò, con il grado di colonnello, il 9º reggimento di volontari garibaldini e fu l’artefice della vittoria nella battaglia di Bezzecca, meritandosi la medaglia d’oro al Valor Militare. Nel 1870, durante la guerra franco-prussiana, comandò un reggimento di truppe franco-italiane, combattendo a Digione e sui Vosgi e meritandosi la Legion d’Onore conferitagli dal governo francese.
    Massone, fu membro della loggia romana “Propaganda massonica” del Grande Oriente d’Italia.
    Divenne deputato alla Camera nei collegi di Velletri e di Roma per otto legislature, dal 1876 fino al 1900.
    Si sposò con Italia Bidischini dall’Oglio con cui ebbe sei figli
    Morì a Roma, per aver contratto la malaria, all’età di 62 anni, ma le sue spoglie furono trasportate nella tomba di famiglia, nota anche come Tomba di Menotti Garibaldi. Era infatti stata fatta costruire da lui stesso nell’odierna frazione Carano Garibaldi, all’epoca nel comune di Velletri e dal 1936 in quello di Aprilia. Gli furono tributati solenni funerali di Stato ai quali partecipò, in qualità di ammiratore del padre Giuseppe, anche Gabriele D’Annunzio e ai quali si associò ufficialmente il governo francese.
    A Velletri è ancora ricordato per aver dato importanza alla cittadina, facendovi spostare o riuscendo a mantenervi sedi di organi statali e per aver fondato la “Cantina sperimentale del vino di Velletri”. Prese in enfiteusi perpetua una vasta tenuta dell’Agro Romano (oggi Aprilia), idea che anni prima era stata proposta dal padre, ma che allora non aveva trovato seguito, divenendo un apprezzato imprenditore agricolo.

    Ezio Garibaldi

    Ultimo figlio maschio di Ricciotti Garibaldi (1847-1924) e dell’inglese Harriet Constance Hopcraft (1853-1941) – prima di lui erano nati Rosa, Italia, Giuseppe, Ricciotti, Menotti, Sante e Bruno, Costante, dopo di lui Giuseppina –, nacque a Riofreddo, località situata a una sessantina di chilometri da Roma. Nel 1911 si iscrisse all’istituto industriale di Fermo, interrompendo gli studi per raggiungere la Legione garibaldina in Grecia nel 1912.

    Ezio Garibaldi fu eletto deputato nel listone fascista nel 1929 e rieletto nel 1934.[9] Presidente della FNVG (Federazione Nazionale Volontari Garibaldini), aderì ufficialmente al Partito Nazionale Fascista, rompendo le relazioni con suo fratello Sante, emigrato in Francia, che aveva costituito alcune associazioni garibaldine di ispirazione antifascista nel paese transalpino. Subito dopo l’inizio della seconda guerra mondiale Ezio Garibaldi sostenne vigorosamente i Gruppi d’Azione Nizzarda (G.A.N.), fautori della riunificazione di Nizza al Regno d’Italia.

    Fonte: wikipedia.org

    Approfondimenti

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