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Ferrari Nereo, 1925-35

    All’ On le Federazione
    Nazionale Italiana fra
    Veterani Garibaldini
    Roma
    Ferrari Nereo Fortunato del fu Francesco
    nato in Pistoia di Firenze il 9 Luglio
    1845 abitante in Via Stazio residente
    in Teramo arruolato volontario Garibal=
    dino nel 1860 a Castelpucci[1] prese
    parte alla campagna 1860-61[2] contro
    il Borbone al comando del colonnello
    Spangaro[3] sotto gli ordini del generale
    Garibaldi, fui poi tra i prescelti per l’ard=
    dita spedizione dei Mille a Marsala, ma
    per una eseguita riduzione di numero
    si vide col suo più grande dispiacere
    messo fuori. Sciolto l’esercito Garibaldino
    passò a quello Nazionale, destinato al
    6° Fanteria Brigata Aosta[4] prendendo par=
    te alla Campagna del 1866[5] contro gli Au=
    striaci. Questo, in breve e per sommi ca=
    pi il suo Stato di servizio che lo fa consi=
    derare quale Reduce – Veterano delle Patrie
    Battaglie e quindi incluso nel numero

    dei suoi Compagni Garibaldini ammessi
    al godimento di tutti quei certi, speciali
    benefici stabiliti. Ma invece gli sembra
    che non abbia avuto quell’uguale
    trattamento degli altri ad eccezione delle
    lire cinquanta che ebbe al pari di esse
    nella ripartizione del primo milione
    di Garibaldi. Trovandosi ora egli in condi=
    zioni economiche assai ristrette dal non
    poter fare fronte alle spese necessarie per
    la cura della malattia inguaribile che
    lo affligge da tre anni e anche per la
    sua tarda età si rivolge a codesta On le
    Federazione acciò si compiaccia di lar=
    girgli un aiuto perché fino ad ora è stato
    soccorso dalla Società Pensionati in Teramo
    e anche dal Comune. Le fa grande
    piacere di essere socio di questa On le
    Federazione, però fa comprendere che è
    privo di mezzi e quindi non può prenderne
    parte. Spera di essere preso in considerazione
    come vecchio garibaldino, l’unico che
    sia rimasto tra i compagni e chi ha
    sacrificato la sua vita per la grandezza
    e salvezza della patria. Le occorrerebbero

    informazioni per suo conto può pren=
    dere schiarimenti. È stato informato,
    che per appartenere all’on le Federa=
    zione occorrono L. 5. Ripete il sottoscritto
    che è privo di ciò, perché la sua misera
    pensione non le basta a stentare la vita.
    Con la speranza di essere preso
    in considerazione ed accontentato in
    attesa rispettosamente si sottoscrive
    Teramo 29 – 4 – 25
    Veterano Garibaldino
    Nereo Ferrari

    Fa sapere che il sottoscritto che si recò a Na=
    poli, il primo attacco fu a S. Maria si
    respinse il nemico a Caserta da Caserta
    il nemico si ritirò a Capua. Poi si andiede
    a Città a S. Angelo, alla mattina s’at=
    taccò il fuoco e però fino alla sera   
    il bombardamento[6]. Prima che egli muoia
    desidera sapere se c’è qualche compagno
    che è stato con lui. Già la metà dei suoi
    compagni rimasero morti sotto Capua.

    Ferrari Nereo, lettera, 1925- 02
    Ferrari Nereo, lettera, 1925- 02
    « di 3 »

    DOMANDA DI AMMISSIONE A SOCIO EFFETTIVO
    Alla Spettabile
    Federazione Nazionale Italiana fra Veterani Garibaldini
    Sede Centrale – Piazza dell’Esedra, 10 – Roma (22)

    Io sottoscritto, Legionario Garibaldino, Ferrari Nereo
    figlio di Francesco e di Dusolina Piraccioli nato il 9 Luglio 1845 a Pistoia
    (Provincia di Firenze) di professione soldato
    avendo fatte le Campagne di Guerra 60 – 61 – 66 con G Garibaldi
    col grado di caporale nell’esercito personale fino al grado di capitano di complemento
    a tenore delle decisioni adottate per l’ammissione alla Federazione Nazionale Italiana fra Vete-
    rani Garibaldini, e presa esatta cognizione dello Statuto che regge la Federazione, domando di
    essere inscritto come Socio.
    Mi obbligo di pagare puntualmente e anticipatamente la quota annuale di lire cinque.
    A richiesta fornirò prove delle Campagne di guerra fatte.
    Invierò una fotografia adatta per tessera, firmata in modo visibile sotto la figura.
    Dichiaro pure di sottopormi alle disposizioni tutte dello Statuto ed a quelle che potran-
    no essere emanate dagli organi Direttivi della Federazione.
    Teramo addì 6 Maggio  1925
    Fra breve manderò la fotografia


    FIRMA DEL DICHIARANTE
    Nereo Ferrari

    domiciliato a Teramo (Provincia di //… )
    Via Stazio N. 2

    N: 1012 di iscrizione
    Ammesso socio con deliberazione del Consiglio Direttivo il giorno 6 maggio 1925
    IL COMITATO DEI CENSORI          

     IL PRESIDENTE
     Ezio Garibaldi

    Timbro Federazione Naz. Italiana fra Veterani Garibaldini ROMA

    Note a penna ritirata tessera e ricevuta

    a matita da inserirsi
    a matita blu 1012

    Ferrari Nereo, domanda, 1925
    Ferrari Nereo, domanda, 1925

    FEDERAZIONE NAZIONALE VOLONTARI GARIBALDINI
    SEDE CENTRALE
    ROMA

    N. 1012
    Roma 16 Marzo 1935 XIII

    Ill.mo Sig. Podestà
    TERAMO

    Per uso dell’Archivio storico di questa Federazione,
    La preghiamo di volerci trasmettere la data di morte del
    Garibaldino:
    FERRARI NEREO fu Francesco e Dusolina Piraccioli
     Via Stazio, 2
    Le saremo grati di voler provvedere perché tale
    notizia ci venga comunicata dall’Ufficio Anagrafe.
    In attesa La preghiamo gradire i nostri più cordiali saluti

    IL PRESIDENTE
    (ON. GEN. EZIO GARIBALDI)

    Timbro COMUNE DI TERAMO 10 MAR. 35

    Timbro COMUNE DI TERAMO
    SERVIZI DEMOGRAFICI E MILITARI
    18 MAR. 1935 XIII
    Prot. N. 1474

    Ferrari Nereo, domanda, 1935
    Ferrari Nereo, domanda, 1935

    N. 1012

    Servizi Demografici

    Spett. Federazione Nazionale Valontari Garibaldini
    Roma
    Via Condotti 9

    Ci pregiamo comunicare che il veterano Garibaldino
     FERRARI NEREO fu Francesco e Dusolina Pieraccioli
    Via Stagno, 2
    è deceduto in questo Comune il giorno 20 Ottobre 1925
    Teramo 18 Marzo 1935 – XIII°

    Con osservanza

    IL POTESTÀ
    D’Ordine
    Il Capo Ufficio
    Massimi(?)

    Timbro COMUNE DI TERAMO * ANAGRAFE

    Ferrari Nereo, risposta, 1935
    Ferrari Nereo, risposta, 1935

    Note

    [1] Castelpulci (nella lettera Castelpucci)
    Due spedizioni parallele a quella dei Mille, dirette non in Sicilia ma contro lo Stato Pontificio, entrambe preparate in semi segretezza ed entrambe boicottate dai politici che avrebbero assunto la guida del futuro Regno d’Italia, decisi a non perdere l’appoggio dell’alleato francese. A legare l’impresa garibaldina alla Toscana non fu soltanto lo sbarco del 7 maggio del 1860 a Talamone, dove le camicie rosse fecero rifornimento di munizioni ed altri approvvigionamenti. Da qui partirono anche le spedizioni di Callimaco Zambianchi e di Giovanni Nicotera, pronti a liberare Roma per coronare il sogno dell’unità nazionale. Ce ne parla Fabio Bertini, professore associato di storia contemporanea alla facoltà fiorentina di Scienze politiche e presidente del Comitato livornese per la promozione dei valori risorgimentali, protagonista questo pomeriggio a Livorno della cerimonia di inaugurazione dell’anno garibaldino.
    «A Talamone i garibaldini sbarcarono il 7 maggio, due giorni dopo la partenza da Quarto – spiega Bertini – Con il contributo del Regno di Sardegna si rifornirono di armi e munizioni, compreso un cannone seicentesco procurato dal forte di Orbetello che dovettero riadattare a cannone moderno durante il viaggio in nave. Ma anche di carbone, viveri e altri approvvigionamenti». «Sempre da qui – continua lo storico – partì però anche un’altra spedizione, organizzata in semi segretezza e guidata da Zambianchi, che aveva lo scopo di liberare lo Stato Pontificio». Un’impresa osteggiata dal Piemonte, che non voleva compromettere i rapporti con Napoleone III: «I volontari riuscirono a fare una breve irruzione alle grotte di Castro. Poi Zambianchi fu arrestato per ordine di Cavour e, dopo varie vicissitudini, le sue truppe raggiunsero Garibaldi in Sicilia». Più o meno la stessa sorte che toccò a Giovanni Nicotera. Il patriota calabrese radunò a Castel Pulci, vicino a Firenze, un gruppo di volontari diretti a Roma, ma venne fermato da Ricasoli su indicazione di Cavour: «Il gruppo rimase fermo a lungo, poi fu dirottato a Livorno e da qui riuscì a raggiungere il resto dei garibaldini.
    Quella di Nicotera era una spedizione di bollenti spiriti, senza dubbio la più radicale delle tante che si affiancarono a quella partita da Quarto», prosegue lo storico. Per poi spiegare: «Non ci furono soltanto i Mille. La loro impresa ha un valore simbolico, epico importante, ma furono centinaia i volontari, partiti da altre località, che nelle settimane successive si unirono a Garibaldi. (segue)
    Articolo di GAIA RAU – Garibaldi in Toscana preparò l’attacco al papa – la Repubblica.it

    [2] 1860
    Dopo l’armistizio di Villafranca, la maggior parte dei volontari si congedò; il Ministero allora con un decreto del 6 settembre ordinò lo scioglimento del Corpo e la formazione di una Brigata Cacciatori delle Alpi, costituita l’11 ottobre con il 1º Reggimento (dai soppressi 2º e 5º Reggimento, e le 4 compagnie di bersaglieri) a Como ed il 2º Reggimento (con i soppressi 1º, 3º e 4º reggimento e parte del battaglione adolescenti) a Bergamo. Il 14 maggio 1860 la Brigata Cacciatori delle Alpi ebbe poi nome di Brigata Alpi, reggimenti 51º e 52º del Regio Esercito, posta al comando del maggior generale Luigi Bianchis di Pomaretto. Il 51º e 52º furono integrati con la truppa (metà a testa) del battaglione Valtellinese sciolto solo il 20 maggio 1860. Stesso destino ebbero il 30 novembre 1859 artiglieria, genio, ambulanza e treno. Nel novembre vennero licenziate le guide a cavallo, andate con Garibaldi a Bologna. Il battaglione adolescenti, passati al 2º reggimento i giovani di età superiore ai 17 anni, andò con i rimanenti a Biella.
    Venne il 9 febbraio 1860 considerato succursale del battaglione figli dei militari e fu sciolto il 1º gennaio 1861.Nel 1860 i veterani Cacciatori ed i loro ufficiali avrebbero fornito il nerbo delle camicie rosse alla spedizione dei mille. (fonte)

    [3] Pietro Spangaro (Venezia, 28 gennaio 1813 – Milano, 14 novembre 1894) è stato un militare, patriota e ufficiale italiano. Fu un ardente patriota che partecipò alla spedizione dei Mille garibaldina[1]. Lo ritroveremo con il grado di colonnello in prima fila nella decisiva battaglia del Volturno, dopo aver seguito il generale Garibaldi a Marsala e a Calatafimi. Ex ufficiale austriaco, aveva disertato per combattere a fianco degli insorti Veneziani, capeggiati da Daniele Manin, è difficile ricostruire bene la sua biografia, poiché si intreccia con quella dell’omonimo cugino, Pietro Spangaro anch’egli figlio di un Giovanni Battista Spangaro, e volontario nella spedizione dei Mille. Nel 1849 è a Malta, dove erano radunati molti esuli italiani. Lo ritroviamo poi nel 1850 in Egitto, dove fece una discreta fortuna con una ditta commerciale da lui creata. Non partecipò alla seconda guerra di indipendenza, ma nella primavera del 1860 tornò in Italia per partecipare alla spedizione dei Mille. I suoi uomini lo adoravano per i suoi modi di fare semplici e schietti. Secondo Maxime Du Camp, che era con lui in Calabria durante la spedizione dei Mille, era soprannominato Colonnello “dunque”, perché iniziava sempre le sue frasi con quella parola. Morì nel 1894 a Milano, nella modesta casa in cui si era trasferito negli ultimi tempi, forse per ragioni economiche, in corso Magenta numero 28. La casa non era di sua proprietà, e oggi non esiste più, il numero civico non è individuabile, e non c’è più nemmeno la sua tomba. (fonte)

    [4] 6° Fanteria Brigata Aosta è stata un’unità militare dell’Esercito Italiano appartenente alla Brigata “Aosta” di cui ha fatto ininterrottamente parte dalla sua costituzione e fino al suo scioglimento avvenuto a Palermo sua ultima sede.
    Negli anni 1860 – 1861 è nelle Marche, in Umbria e nel meridione. Infine nella terza guerra d’indipendenza combatté nella Battaglia di Custoza (1866) nel giugno 1866. (fonte)

    [5] 1866
    La Terza guerra d’indipendenza italiana è un episodio del Risorgimento. Fu combattuta dal Regno d’Italia contro l’Impero austriaco dal 20 giugno 1866 al 12 agosto 1866. Appartiene alla più ampia guerra austro-prussiana della quale rappresentò il fronte meridionale. Ebbe origine dalla necessità dell’Italia di affiancare la Prussia nel tentativo comune di eliminare l’influenza dell’Austria sulle rispettive nazioni. Dopo l’attacco della Prussia all’Austria del 15 giugno 1866, così come previsto dal trattato di alleanza italo-prussiana dell’aprile 1866, l’Italia dichiarò guerra all’Austria. Passato il confine, una parte dell’esercito italiano comandata da Alfonso La Marmora fu però sconfitta nella battaglia di Custoza. Né tale insuccesso fu bilanciato dagli eventi successivi, poiché ad esso seguì per l’Italia un’altra sconfitta nella battaglia navale di Lissa. Fu invece una vittoria italiana la contestuale avanzata di Giuseppe Garibaldi nel Trentino, culminata nella battaglia di Bezzecca. (fonte)

    [6] 1861 Assedio di Gaeta. (5 novembre 1860 – 13 febbraio 1861 ) L’assedio durò 102 giorni, di cui 75 trascorsi sotto il fuoco piemontese. Tra tutti gli assedi subiti da Gaeta nella sua millenaria storia di fortezza militare fin dall’846, questo fu il più ingente per i mezzi militari impegnati. Il numero ufficiale delle vittime di questo assedio fu:
    tra le file piemontesi: 46 morti, 321 feriti;
    tra le file borboniche: 826 morti, 569 feriti, 200 dispersi.
    Purtroppo non ci sono le registrazioni ufficiali di morti, feriti e dispersi tra la popolazione civile, che pure patì l’assedio.
    Il 4 febbraio 1861 venne centrata dal tiro dell’artiglieria di Casa Occagno la polveriera Cappelletti, dove erano stipati 180 chili di polvere da sparo e solo grazie all’eroismo di alcuni artificieri si evitò che l’incendio si propagasse pure alla polveriera Transilvania. Il 5 febbraio 1861 alle ore 16 il magazzino delle munizioni della batteria S. Antonio esplose, creando una breccia nei bastioni di protezione larga circa 30-40 metri, la perdita di oltre 7 tonnellate di polvere da sparo e circa 42.000 cartucce da carabina e da fucile. Nel crollo morirono 316 artiglieri napoletani e 100 civili. Gli artiglieri piemontesi gioirono per il grave danno arrecato alle difese borboniche e incominciarono a gridare “Viva l’Italia!” così forte che si sentì fin dentro le mura di Gaeta. (fonte)

    Ezio Garibaldi

    Ultimo figlio maschio di Ricciotti Garibaldi (1847-1924) e dell’inglese Harriet Constance Hopcraft (1853-1941) – prima di lui erano nati Rosa, Italia, Giuseppe, Ricciotti, Menotti, Sante e Bruno, Costante, dopo di lui Giuseppina –, nacque a Riofreddo, località situata a una sessantina di chilometri da Roma. Nel 1911 si iscrisse all’istituto industriale di Fermo, interrompendo gli studi per raggiungere la Legione garibaldina in Grecia nel 1912.

    Ezio Garibaldi fu eletto deputato nel listone fascista nel 1929 e rieletto nel 1934.[9] Presidente della FNVG (Federazione Nazionale Volontari Garibaldini), aderì ufficialmente al Partito Nazionale Fascista, rompendo le relazioni con suo fratello Sante, emigrato in Francia, che aveva costituito alcune associazioni garibaldine di ispirazione antifascista nel paese transalpino. Subito dopo l’inizio della seconda guerra mondiale Ezio Garibaldi sostenne vigorosamente i Gruppi d’Azione Nizzarda (G.A.N.), fautori della riunificazione di Nizza al Regno d’Italia.

    Fonte: wikipedia.org

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