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Carlo Tucci, 1935

    Carlo Tucci, 1935

    MINISTERO DELLA GUERRA
    -GABINETTO_
    n° 2018/2 di prot.                           Roma, 4 Febbraio 1935-XIII.
    OGGETTO: Propaganda radio.

    AI COMANDI DI CORPO D’ARMATA
    e, per conoscenza
    AL COMANDO DEL CORPO DI STATO MAGGIORE
    AGLI ISPETTORATI: FANTERIA = TRUPPE CELERI = TRUPPE ALPINE =
    ARTIGLIERIA = GENIO

    ……….
    Allo scopo di esaltare le gesta compiute dai reggimenti che presero par-
    te alla grande guerra e richiamarle alla memoria del popolo italiano (anche
    all’estero) questo Ministero intende far diffondere periodicamente attraverso
    la radio, un breve comunicato che tracci in rapida sintesi -e sulla base di
    dati scrupolosamente accertati- la storia dei reggimenti delle varie armi,
    con particolare riguardo alla guerra 1915 – 18.
    Saranno messi in rilievo gli episodi nei quali maggiormente rifulse il
    valore dei reparti e dei singoli (anche su teatri do operazione esteri) , le
    perdite , le medaglie al valore e i fatti cui esse si riferiscono.
    Il testo della trasmissione sarà compilato da ogni singolo comando di
    reggimento e qui trasmesso con le osservazioni e i pareri delle autorità su-
    periori.
    Si procuri di rendere il comunicato interessante, avvincente, senza pe-
    rò cadere nel supercolore e, tanto meno , nella deformazione storica.
    La durata della trasmissione potrà essere di cinque-sei minuti.
    Sarebbe intendimento di questo Ministero far seguire alla lettura del
    bollettino la trasmissione della marcia reggimentale ; si fa riserva però di
    ulteriori comunicazioni a riguardo.
    Circa l’ordine di successione si cercherà di fare in modo -finché pos-
    sibile- che le radio-trasmissioni abbiano luogo nello stesso giorno in cui
    il reggimento interessato célebra la propria festa.
    Si prega voler trasmettere i testi nel più breve tempo possibile e a
    mano a mano che perverranno dagli enti dipendenti.-

    IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO
    BAISTROCCHI[1]

    .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .= .=

    COMANDO DELLA DIVISIONE DI FANTERIA “GRANATIERI DI SARDEGNA”
    Ufficio Stato Maggiore
    n° 1577/12 di prot.                        Roma, 12 Febbraio 1935-XIII.

    AI COMANDI: 1° REGGIMENTO GRANATIERI                  ROMA

    2° REGGIMENTO GRANATIERI                                              “

    3° REGGIMENTO GRANATIERI                                           VITERBO

    13° RGT.ARTIGL. DEI GRANATIERI DI SARDEGNA          ROMA

    2° REGGIMENTO BERSAGLIERI                                             “

    GENOVA CAVALLERIA                                                             “

    e , per conoscenza

    BRIGATA “GRANATIERI DI SARDEGNA”                               “

    ……………con preghiera di inviare nel più breve tempo possibile
    i testi richiesti.-

    D’ordine
    IL TEN.COL. DI S.M.
    CAMPO DI S.M.
    (C. Tucci)[2]

    OP.
    N. 176
    Ricevuta il 13-2-35

    A matita attendere il ….(?)


    Note

    [1] Federico Baistrocchi. Nacque a Napoli il 9 giugno 1871 da Achille e Elvira Santamaria, frequentò il collegio militare della Nunziatella e, iscrittosi all’Accademia di Torino, conseguì la nomina a sottotenente di artiglieria nel 1889. Destinato alle truppe d’Africa nel 1896, partecipò alle operazioni militari in Eritrea. Nel 1911-12 prese parte al conflitto italo-turco, meritandosi la croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia e la promozione a maggìore per meriti di guerra.
    All’inizio della prima guerra mondiale fu destinato in Albania, dove comandò un raggruppamento di artiglieria fino al maggio del 1916. Trasferito sul fronte italo-austriaco, percorse una rapida carriera di comando nell’arma, giungendo a comandare successivamente l’artiglieria del II corpo d’armata (maggio-novembre 1917), del gruppo corpi d’armata del settore centro della 2ª armata (novembre 1917), della 5ª armata (dicembre 1917-febbraio 1918) e della 7ª armata (dal 25 febbraio 1918 al termine dei conflitto).

    Buon conoscitore della psicologia del soldato, rotto alle fatiche e alle astuzie delle guerre coloniali, pronto e deciso nel comando, egli seppe conquistarsi un notevole ascendente e una discreta popolarità presso le truppe combattenti. E per quanto la sua esperienza e il suo temperamento non gli rendessero congeniale la guerra di posizione, fu uno di quegli ufficiali che proprio per le loro qualità personali più si distinsero nei momenti critici di Caporetto e della resistenza sul Piave. Durante la ritirata di Caporetto il B. riuscì, “compiendo un’opera davvero titanica” – secondo l’espressione di G. Amendola -, a portare via quasi tutta l’artiglieria dalla Bainsizza, non meno di quaranta batterie di medio e grosso calibro, materiale successivamente perduto nel momento in cui giungeva al Tagliamento, per l’improvviso brillamento dell’ultimo ponte ordinato dal maggiore comandante la guardia.
    Più volte promosso per merito di guerra, decorato di tre medaglie d’argento al valore militare, gli veniva affidato al termine del conflitto mondiale, col grado di generale di brigata, il comando di tutta l’artiglieria destinata alle operazioni in Libia.

    Rimpatriato nel 1919, fu nominato comandante dell’artiglieria del corpo d’armata di Napoli. Di sentimenti chiaramente fascisti, approfittò della sua alta carica per facilitare la grande adunata fascista di Napoli del 24 ottobre 1922. Tre giorni prima della marcia su Roma – secondo il Diario del Balbo – prese contatti con i quadrumviri per assicurarli “che i reparti dell’esercito dislocati nel Mezzogiorno, seguono con grande simpatia il movimento fascista”. Presentatosi quindi alle elezioni municipali di quella città risultò per ben due volte eletto, ottenendo poi la carica di assessore. Nel 1924 riuscì primo eletto nella lista fascista per la Campania e fu deputato per la XXVII, XXVIII e XXIX Legislatura (1924-1939).
    Promosso generale di divisione nel 1926, assunse il comando della divisione militare di Napoli. Generale di corpo d’armata nel 1931 fu poi comandante del corpo d’armata di Verona.

    Quando Mussolini, e per gli inizi di una ripresa della gara degli armamenti da parte delle potenze e per desiderio di svolgere una nuova politica militare, assunse personalmente, il 22 luglio 1933, il portafoglio della Guerra, chiamò a suo sottosegretario il B., noto per le sue capacità tecnico-militari e per il suo passato fascista.
    Esperto conoscitore dei bisogni dell’esercito, preparò e sottopose al capo del governo un piano di riforme da attuarsi in due trienni: 1933-36 e 1936-39. Rammodernamento delle armi in dotazione alla fanteria, miglioramento delle artiglierie, meccanizzazione, motorizzazione, costituzione delle prime unità celeri corazzate ed autotrasportate, rappresentarono i cardini del programma che fu in parte realizzato. Nuove disposizioni circa il trattamento e l’addestramento delle truppe, la promozione e l’avanzamento degli ufficiali, contribuirono a migliorare l’efficienza dell’esercito e a renderlo più atto alle esigenze della guerra moderna. D’intesa col generale E. Caviglia propose la candidatura di Italo Balbo a capo di Stato Maggiore di tutte le forze armate, perché lo riteneva il solo uomo capace di attuare il suo piano di riorganizzazione delle forze armate. Ma la proposta non venne accettata da Mussolini e dal re ed ebbe per unica conseguenza di porre il B. in diretto antagonìsmo con Badoglìo, allora capo di Stato Maggiore Generale delle tre forze armate.

    Dopo il voto del consiglio dei ministri del 18 sett. 1934 che istituiva l’insegnamento obbligatorio della cultura militare nelle scuole e i tre gradi di preparazione militare (premilitare dai 18 ai 21 anni; servizio di leva, servizio post-militare fino a dieci anni dopo il congedo), ebbe a interessarsi della organizzazione dell’ispettorato pre e post militare che si trovava alle dirette dipendenze del capo del governo.
    Nominato nell’ottobre del 1934 anche capo di Stato Maggiore dell’esercito, fu inizialmente avverso alla spedizione d’Etiopia, in quanto riteneva che la forza d’invasione fosse insufficiente allo scopo e che la sua costituzione scompaginasse completamente il programma di riorganizzazione dell’esercito. Ma si lasciò facilmente convincere del contrario e favorì la costituzione di divisioni di camicie nere, inquadrate da ufficiali dell’esercito, che furono affiancate al corpo di spedizione.
    Badoglio, tornato dall’Africa, sfruttò il successo per scalzare i generali fascisti dai posti chiave del ministero della Guerra e riuscì a scuotere la fiducia che Mussolini riponeva in Baistrocchi. Quest’ultimo fu perciò promosso generale d’artnata, il 15 aprile 1936, “per l’opera di preparazione e mobilitazione delle forze armate terrestri operanti in Africa orientale”, ma cessò dalle cariche di sottosegretario alla Guerra e di capo di Stato Maggiore dell’esercito. Il re non volle congedarlo senza averlo nominato conte, con decreto del 7 ottobre 1937.
    Come risulta dalla contestazione che seguì alla sua deposizione al processo Roatta, fu favorevole alla guerra di Spagna, pur temendo che tali operazioni ritardassero ancora l’attuazione del suo piano di rammodernamento delle forze armate.

    Nel febbraio del 1938 pose la sua candidatura – secondo il Diario di Ciano – alla direzione del Commissariato per le fabbricazioni di guerra, che era stato creato il 23 sett. 1935. Ma sia per l’opposizione del Balbo (che sosteneva la candidatura del generale P. Gazzera), sia perché Mussolini lo riteneva “uomo attivo ma confusionario” e gli preferiva il vecchio generale A. Dallolio, non riuscì ad ottenere l’incarico e pare ne rimanesse parecchio amareggiato.
    Nel 1939 fu fatto senatore e, il 18 ott. 1944, venne collocato nella riserva, per raggiunti limiti di età. Arrestato e detenuto dal 18 apr. 1945, imputato per i reati di “fascistizzazione dell’esercito”, di “inserimento della milizia fascista nell’esercito”, di “influenza dello squadrismo fascista nella tecnica militare e sugli ordinamenti”, di “affarismo, intrigo e corruzione”, fu processato dal tribunale militare territoriale di Roma, che ritenne di doverlo assolvere con formula piena (sentenza 22 sett. 1946).
    Morì a Roma il 1° giugno 1947.(fonte)

    [2] Carlo Tucci. (Palermo, 12 giugno 1888 – ) è stato un generale italiano, veterano della prima guerra mondiale al cui termine comandò alcuni battaglioni di fanteria. Transitato in servizio nel Corpo di Stato maggiore, dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale fu addetto militare presso l’Ambasciata d’Italia a Parigi, dove rimase fino al 10 giugno 1940. Nel secondo conflitto mondiale fu comandante della 18ª Divisione fanteria “Messina” e Capo di stato maggiore del comando superiore FF.AA. Albania a Tirana. Insignito della croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia.

    Nacque a Palermo il 12 giugno 1888. Nel 1907 entrò giovanissimo nella Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena, uscendone con il grado di sottotenente assegnato all’arma di fanteria il 26 settembre 1912. Partecipò alla prima guerra mondiale, combattendo in forza al 149º Reggimento fanteria “Trapani”, e raggiungendo il grado da maggiore nel 1918.
    Nominato tenente colonnello nel 1926 fu destinato dapprima all’85º Reggimento fanteria e poi, dal 1º ottobre 1927, allo stato maggiore. Dal seguente 20 marzo 1928 fu trasferito in servizio presso il Comando militare della Sicilia.

    Indossato il grado di colonnello l’11 marzo 1935, comandò prima il 128º Reggimento fanteria “Firenze”, sino al 30 giugno 1936 e poi il comando al 70º Reggimento fanteria “Ancona”, sino al 23 aprile 1937.
    Quindi, dal 26 luglio dello stesso anno, passò in servizio presso il comando del Corpo di Stato maggiore a Roma, ottenendo il 16 marzo 1939 la dell’Croce di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

    Dal 15 dicembre 1939, sempre appartenendo allo Stato maggiore, fu inviato a Parigi quale addetto militare all’Ambasciata italiana in Francia, sostituendo il generale di divisione Sebastiano Visconti Prasca, rimanendo in loco sino al 10 giugno 1940, nei momenti più cruciali dell’inizio della guerra, sino all’apertura delle ostilità tra il Regno d’Italia e gli Alleati.
    Con l’ingresso dell’Italia in guerra fu promosso generale di brigata dal 1° del mese di luglio ed assegnato al Ministero della guerra, per incarichi speciali.

    Dal 22 aprile 1941 sostituì il generale Francesco Zani al comando della 18ª Divisione fanteria “Messina” a Cattaro, in Montenegro; dal 24 ottobre seguente, conservando il suo comando, venne nominato Aiutante di campo generale onorario del Re Vittorio Emanuele III.

    L’8 febbraio 1942, verso le ore 18,50, recandosi da Cattaro a Bari, per una breve licenza da passare in famiglia, rimarrà vittima di un naufragio a 7-8 miglia da Bari, avendo il piroscafo passeggeri Duino, che lo trasportava, urtato una mina. In questa occasione rimase tre giorni in mare su una zattera, venendo poi salvato dal dragamine R.D. 22. Nel naufragio morirono 173 persone e oltre a lui se ne salvarono soltanto 43.
    Dal 30 settembre 1942, promosso generale di divisione (anzianità 19 ottobre), lasciò il comando della “Messina” per assumere la carica di Capo di stato maggiore del comando superiore FF.AA. Albania a Tirana (poi 9ª Armata, per espresso volere del comandante, generale Lorenzo Dalmazzo), per mutuo cambio col generale Guglielmo Spicacci.
    Il 9 giugno 1943 fu insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia.

    Con la promulgazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943, il giorno successivo fu catturato dai tedeschi e condotto nel campo di concentramento 64/Z di Shokken prima e in quello di Thorn poi, in Polonia, ma nel dicembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana e rimpatriò. Fu per questo radiato dai ruoli dell’esercito nel dicembre 1945.(fonte)