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Atto I. La fine della convivenza

    “Di tutto ciò che è scritto io non amo se non quello che taluno scrisse col proprio sangue, e tu apprenderai che il sangue è spirito”.
    Così parlò Zarathustra, Friedrich Nietzsche

    Romerinus

    (Dalla epistola di Romerinus a Marco Aurelio II: “Novus”. Tridentum, 1910, Vol. I, p. 13).

    «Fummo condotti verso la barbarie, con l’amara certezza che la natura di tanta disgrazia non sarebbe mai stata compresa. Con il suo crudele artificio si palesava a noi la perorata necessaria risoluzione e noi, assetati di verità, affamati di una giustizia definitiva, preparavamo l’infausto banchetto. In quell’era di ferro e fuoco un fantasma terribile si manifestava attraverso il caos insensato in ogni essere mortale, era il simulacro del vero scopo.

    Il comando risoluto, erede eretico della generazione dell’atarassia

    I seguaci dello stoicismo moderno si trovavano ossessionati dalla mancanza di autentici momenti traumatici nella loro esistenza, al punto da essere coartati a inseguire con ansia l’ombra di esperienze dolorose in ogni possibile dimensione immaginaria. Che si tratti di un mondo completamente fantastico o di un territorio accessibile solo da lontano, il loro desiderio di sperimentare il trauma era insaziabile, costante e tangibile. Il fulcro di questa ossessione risiedeva nella costante elaborazione di categorie tratte da un immaginario traumatico, un immaginario che plasmava la loro percezione del mondo. Ciò che vivevano, tuttavia, aveva ben poco del carattere autentico e traumatico che tanto cercavano. Rappresentava ciò che, lontano dall’essere veramente traumatico e sotto l’apparenza stessa del trauma, dava vita a un teatro di ombre in cui la realtà si mescolava alla finzione.

    Nel suo scritto, J. S. Mild afferma: «Il trauma, contrariamente a quanto si possa immaginare, non sorge automaticamente quando si presenta qualcosa di negativo. Si manifesta piuttosto quando chi è esposto al negativo si trova nell’incapacità di formulare una risposta, che sia di natura psicologica, linguistica, culturale o politica. Il trauma, nel suo abbraccio implacabile, riduce i seguaci dello stoicismo moderno a uno stato simile a quello di un infante impotente. Chi, infatti, può essere più indifeso di un infante? Non ogni esperienza negativa è affrontata come un trauma; la discriminante non è la qualità dell’evento, bensì l’incapacità di orchestrare una risposta adeguata. Si è imprigionati nella rete raggelante dell’incapacità di reagire».

    Si affermava la volontà voler creare le condizioni per condividere collettivamente una grande prova traumatica. La parola d’ordine divenne: “Thauma o fine!”.

    Sorse nelle nuove generazioni stoiche un vasto movimento che invocava il “Thauma”, una risposta alla pesante eredità di chi li aveva preceduti annullando le passioni. Il movimento fu denominato “dei Tetragoni” e scolpì le leggi della rinascita.

    Basileides B

    Cantava Basileides B nei versi del suo poema “Thauma, o della rigenerazione”:

    Siamo ossessi da vacue verità senz’opre,
    e il Thauma, verace alla vita, tal dogma nega.
    Ansiosi siamo a palesar, quel che si copre.

    In ogni dimentica assise, per noi si disvela,
    fittizio, quel Mondo servo del distacco vano,
    e il desiderio redento, il nostro corpo anela.

    Fulcro superbo, di mente insana, è ora tedio,
    quinci novelle semenze da sogno cogliamo.
    Inesauribile fonte, insuperato e solo rimedio.

    Apocatastasi o della rigenerazione

    Il qual conviene che il cielo tenga accolto, fino a’ tempi del ristoramento di tutte le cose; de’ quali Iddio ha parlato per la bocca di tutti i suoi santi profeti, fin dal principio del mondo.
    Nuovo Testamento, Atti degli Apostoli, Capitolo 3, vers. 21, V Giovanni Diodati

    Riscoperta dell’antico

    Il significato dell’approccio critico-tattico, adottato dalla filosofia che possiamo definire stoica-rinnovata o neo-stoica, rivestì allora una dimensione trascendentale sia nella sua finalità logica che nel suo metodo. Il carattere logico si esprimeva nel rifiuto di emancipare le società epicuree da concetti universali, quelli che riguardavano l’intera conoscenza o tutte le azioni morali possibili.

    Vi era un ritorno all’esaltazione del fine ultimo, risolutivo, si voleva mettere in primo piano la ricerca dei grandi obiettivi collettivi e lasciare in secondo piano quei diffusi traguardi, piccoli e quotidiani, che depauperavano il grande scopo della nostra vita.

    Pur mantenendo come postulato che prevedeva il controllo su emozioni definite negative, si riconobbe la necessità di una più attenta disamina delle stesse. La rabbia, ad esempio, si ritenne dover essere riconsiderata e assunta a strumento difensivo. Con una procedura modellata sulle necessità di una contingenza eccezionale, come quella vigente, richiedeva, venne promosso l’uso della “rabbia focalizzata”, diretta cioè verso particolari obiettivi individuati dallo Stato e descritti nel manuale “Regolamento stoico”.

    La tristezza, ritenuta negativa se manifestata a corollario di una lettura pessimistica della vita sociale, poteva aver un qualche giovamento se trasmessa verso quelle persone che, prive del senso della Patria, si chiudevano in un deleterio egoismo personale. Ansia e paura, invece, dovevano essere coltivate solo a patto di farne uso, di esprimerle, cioè, verso le autorità e le leggi vigenti. Le si consideravano emozioni utili perché capaci di mantenere quel sincero timore verso lo Stato. Vennero bandite tutte quelle esternazioni improprie che erodevano il sano senso della comunità. Viceversa, furono promosse, a tutti i livelli, emozioni positive come la gioia. L’obiettivo era raggiungere una vita armoniosa e serena.

    Lo scopo che si ritenne perseguire fu la vita virtuosa ed etica e non più quella ricerca di un’autorealizzazione individuale, residuo del passato governo. Una nuova fede promossa alla luce della riscoperta delle più antiche tradizioni.

    Nuove strategie

    Il dominio stoico, con un cambio di visione delle strategie belliche ma non solo, rivolse il suo sguardo ad un nuovo impiego della tecnologia della “LinguaViva”.

    Con l’ascesa di Marco Aurelio II, il panorama politico subì una svolta nella dottrina stoica, seguendo la lettura filosofica che l’imperatore stesso abbracciava. Le strategie belliche furono rivisitate, e visioni più etiche e riflessive presero il posto delle antiche tattiche aggressive. Questo cambio di prospettiva segnò un nuovo corso nella storia dell’Impero.

    Il momento chiave di questa trasformazione fu l’integrazione della tecnologia “LinguaViva” nella politica dell’Impero. Inventata da Guglielmo M., questa meraviglia meccanica aveva originariamente lo scopo di correggere dissensi interni. Tuttavia, con la presa di potere di Marco Aurelio II, il suo utilizzo subì una metamorfosi sorprendente.

    Inizialmente progettata da Guglielmo M. per supplire alle distorsioni del dialogo dovute spesso dall’ignoranza e dal fraintendimento si era rivelata molto efficace ed apprezzata nell’ambito della comunità terapeuti ma non solo. Vista la grande potenza del dispositivo, i governanti ne pretesero il controllo adducendone motivi di sicurezza nazionale. Sviluppata una prima versione, venne utilizzata per moderare le divergenze all’interno dell’Impero: L’estrema efficacia della tecnologia “LinguaViva” ebbe la sua maggiore evoluzione quando si convenne di applicarla per correggere i movimenti di dissenso interni alla società.

    La sconfitta di Guglielmo M.

    Una provonda crisi di coscienza segnò Guglielmo M.. L’applicazione di “LinguaViva” che venne fatta nel campo militare, trovò il suo inventore in totale dissenso, tanto che Guglielmo M. ne sconfessò la paternità. Inventore geniale, ma ora in dissenso con il suo stesso creato, Guglielmo M. assistette impotente alla trasformazione della sua invenzione. La “LinguaViva” serviva una causa che lui stesso non riconosceva, e questa metamorfosi si rivelò problematica per il suo equilibrio psichico.
    Scriveva Guglielmo M.: “Ho convinto la mia coscienza di permettere alla paura di far fronte alle azioni dei miei padri malati. Ho svelato un universo inaspettato e da nessuno creduto. Al di là del complesso sistema sociale che posso anche giustificare, oltre a tutte le fantasie e gli impulsi pericolosi, grotteschi e irrazionali che i miei pari manifestano, ho constatato che una porzione della loro essenza è ancora semplice, spontanea e pura.”, dove per padri intendeva i governanti.

    Compilò anche un particolare diario dove ogni giorno segnato solo con un numero raccoglieva le considerazioni di una persona sofferente.

    Dal diario di Guglielmo M.:

    Giorno 121:

    Il mondo sta cambiando sotto i miei occhi, e il cuore è preda di un’angoscia crescente. La società, un tempo ancorata a democratici principi, è ora pervasa da complotti che minano la rappresentatività e distruggono le istituzioni che tanto erano state rette e pie. I complotti. Devo stare attento ai complotti!!!

    La mia “LinguaViva” si è trasformata in un tentacolo oscuro. Avvolge ogni aspetto della nostra vita. È come se avessi superato il velo della realtà, disvelando un mondo distorto e spaventoso. Dietro le sue apparenze, c’è un meccanismo nevrotico, una rete di fantasie pericolose, impulsi grotteschi, e irrazionalità dilaganti. Ma anche in questo caos, intravedo una parte di umanità che è rimasta semplice, spontanea, e pura. È mia figlia forse una “LinguaMorta”??? Sì, e ancora sì! Lei è morta!

    Giorno 122:

    La crisi di significato che pervade la nostra esistenza è palpabile. Si cela sotto pupille cieche. Tra le pieghe della bocca, in una smorfia di non so che. È sospesa, immanente, sopra di noi! Un senso di impotenza si diffonde in maniera insidiosa, come un veleno che corrompe il pensiero, le emozioni e i comportamenti. La realtà sembra incontrollabile, incomprensibile, e carica di angoscia.

    Mi chiedo se la rappresentazione binaria, con tutti quei vantaggi apparenti, ci stia facendo perdere la ricchezza delle sfumature, conducendoci verso un’ipersemplificazione apparentemente razionale. N. B. L’invenzione del complotto si manifesta come una strategia consapevole, un’arma di potere nelle mani di coloro che vogliono manipolare la verità a loro vantaggio.

    Giorno 123:

    Nelle società neutralizzate, masticate e poi sputate, l’essenza del messaggio sembra essere annientata dalla velocità di vana comunicazione. Non conta più il valore intrinseco, ma la potenza di persuasione, la capacità di memorizzare, l’abilità nel mascherare e il successo degli agenti patogeni al servizio del potere. La qualità delle relazioni umane è sacrificata sull’altare della quantità delle concessioni alla serena ignoranza.

    Il potere si configura come un intricato gioco di forze, locali e generali, legittimate e onniscienti, alto e basso, sopra e sotto, dietro e davanti. PERVASIVITÀ! La lotta per l’espulsione del pensiero straniero, la preservazione del Noi contro il Loro, la coesione dell’Uno contro la minaccia disgregante del Molteplice, è una danza di potere che sfugge alla comprensione. Chi sono i nostri padri?

    Giorno 124:

    In questo sistema in equilibrio precario, il ‘potere illuminato’ si rivela vulnerabile. Soggetti politici astuti riescono a sfruttare le contraddizioni interne, indebolendo il sistema dall’interno. Il mio sguardo è fisso su questa dinamica, consapevole che il destino dell’umanità pende sull’orlo di un abisso, mentre il potere oscuro dei complotti si avvinghia sempre di più attorno a noi. Sono forse partecipe inconsapevole di un complotto? Del complotto? Chi può rispondermi?

    Il controverso procedimento correttivo

    “V. La Filosofìa, per giovar’al Gener’Umano, dee sollevar’, e reggere l’uomo caduto, e debole, non convellergli la natura, nè abbandonarlo nella sua corrozione. Questa Degnità allontana dalla Scuola di questa Scienza gli Stoici, i quali vogliono l’ammortimento de’ sensi, e gli Epicurei, che ne fanno regola; ed entrambi niegano la Provvedenza, quelli faccendosi strascinare dal Fato, questi abbandonandosi al caso; e i secondi oppinando, che muojano l’anime umane co i corpi; i quali entrambi si dovrebbero dire Filosofi Monastici, o solitari: e vi ammette i Filosofi Politici, e principalmente i Platonici; i quali convengono con tutti i Legislatori in questi tre principali punti: che si dia Provvedenza Divina: che si debbano moderare l’umane passioni, e farne umane virtù; e che l’anime umane sien’immortali; e ’n conseguenza questa Degnità ne darà gli tre Principj di questa Scienza.”
    DEGLI ELEMENTI. La Scienza Nuova 1744 di Gian Battista Vico

    Ospedale sanatorio ASX

    La tecnologia “LinguaViva” diventò uno strumento di comunicazione di massa, manipolando le opinioni e plasmando l’opinione pubblica. Chi deteneva il controllo sulla “LinguaViva” aveva il potere di influenzare le masse e dirigere il corso degli eventi.

    Alcuni dissidenti del credo stoico, di varie età e professioni, vennero internati in ospedale a causa di manifestazioni di esplicito dissenso verso la causa stoica, tali comportamenti venivano catalogati come turbe psicotiche ricorrenti. Prima di questo ricovero, avevano già manifestato episodi di aperta critica. Durante il ricovero nel sanatorio “ASX”, uno degli osservatori inviati dal governo, notò i dissidenti in uno stato di notevole regresso psicotico. Essi si esprimevano con affermazioni aggressive, manifestando allucinazioni persistenti, comportamenti magici e deliranti, oltre a idee di natura messianica. Si decise allora di sottoporli al dispositivo “LinguaViva”.

    Nel registro del reparto si annotava: “Al momento dell’immissione nell’ospedale, il loro comportamento violento, e per nulla collaborativo, giustificava un trasferimento al reparto agitati, dove essi reclamarono diritti di una non specificata legge epicurea della libertà, follia conclamata, già evidenziata nel loro precedente soggiorno ospedaliero”.

    Il trattamento al dispositivo “LinguaViva”, con sorpresa dei medici, portò a una remissione di ogni capacità cognitiva. Gli sventurati, pur mantenendo le principali funzioni degli organi di senso, per quanto riguardava la comprensione delle parole e l’articolazione delle stesse, questa aveva lasciato il posto a una sostanziale incomunicabilità dei soggetti.

    Dopo alcuni mesi di intensiva psicoterapia e trattamenti come il costruttivo insegnamento delle principali regole stoiche, si registrò un notevole recupero funzionale. Dopo, circa un anno i sintomi antagonisti scomparvero definitivamente, portando gli ex-dissidenti a una “rinascita”.

    Durante la visita medica, mostrarono un atteggiamento gioviale e condiscendente. Alcuni di loro, rivolgendosi alle voci udite, conversando felici, argomentavano le passate sventure con interpretazioni magiche. Nel dialogo esprimevano la loro sincera riconoscenza. Ripetevano costantemente un gesto particolare, quello dell’ordine stoico, con le mani nella posizione della sublimazione del logos.

    Grazie a questa esperienza fu possibile interagire in modo più diretto con gli obiettivi prefissati. Migliorando gli effetti e ponendo delle frequenze più mirate rispetto ai futuri pazienti. Le migliorie fornirono inizialmente indicazioni sullo stimolo più efficace da preferire nella sollecitazione del conflitto dissociativo.

    Nel corso dei trattamenti, si ebbero importanti risultati. Gli sperimentatori riconobbero che gran parte della rabbia era indirizzata alla grave esperienza dissociativa che generava azioni aggressive proprio contro gli stessi conoscenti, i medesimi sodali. Una volta però che venivano sottoposti alla riconversione correttiva, nonostante persistesse una leggera depressione nella prima fase, non si osservarono ricadute nel comportamento stravagante o nelle presunte allucinazioni. Dopo tre settimane di ricovero, si riusciva ad ottenere una rigenerazione del carattere e della fede. Un ritorno direttamente alla giusta causa.

    I caratteri della strategia e i primi riscontri

    “Ma sol perché quel vano
    Nome senza soggetto,
    Quel idolo d’errori, idol d’inganno,
    Quel che dal volgo insano
    Onor poscia fu detto

    Giordano Bruno. Spaccio de la bestia trionfante. Dialogo terzo.  1584.

    La conversione

    I successi del trattamento con il dispositivo “LinguaViva” convinsero gli strateghi che quell’effetto, così risolutivo, avrebbe offerto una sicura vittoria nella guerra in corso.

    La rivoluzione del dispositivo “LinguaViva”, in una società stoica che ne aveva fatto fino ad allora un uso interno, uno strumento di controllo del dissenso, un vero e proprio normalizzatore dell’ordine pubblico, ora che avvertiva l’incombere della minaccia epicurea, senza alcuna esitazione, si decise di applicare questa formidabile risorsa contro il nemico esterno. Questa scelta ottenne il consenso unanime delle forze più libere e vivide della società, in vari campi del pensiero, della scienza e dell’arte.

    Una nuova visione che si rivelò strategicamente risolutiva. Allontanandosi così dall’approccio invasivo e distruttivo, modello politico del precedente dominio tradizionale, la nuova visione, prevedeva essenzialmente due fasi. La prima, attraverso l’applicazione su larga scala del dispositivo “LinguaViva”, si proponeva di rendere inermi e totalmente alla mercè gli eserciti avversari, le loro difese e la loro stessa organizzazione.

    Annotava Marco Aurelio II: «In contrasto, il soldato devoto può essere solo colui che, completamente insensibile e sottomesso, interpreta con l’istinto, in qualche modo bestiale, la conversione alla confusa volontà circostante. Ciò rende la guerra, in ogni suo aspetto, simile alla vita stessa era la parola».

    La potenza della narrazione e della strategia di Marco Aurelio II consisteva infatti nell’assumere a ipostasi la sostanza stessa dell’essenza comunicativa. L’impegno metodologico si focalizzava sulla manipolazione del discorso che articolava le espressioni, i comportamenti e i pensieri, attraverso il trattamento del dispositivo “LinguaViva”, considerando questo come capace di convertire l’animo all’assunzione, dopo una prima fase caotico-confusiva, di una serie di convincimenti stoici.

    Qui furono le visioni illuminate di coloro che avevano intuito le potenzialità di questa tecnica ad emergere, considerando che nella comprensione, nel contenuto informativo e nella memoria era il vero campo di battaglia, l’obiettivo su cui concentrarsi. Si era ampiamente convinti che solo un salto di qualità potesse essere risolutivo nello scontro bellico, anche nella prospettiva di un sacrificio comune. L’ira bellicosa, l’amore per la patria e la libertà, il giudizio austero e severo contro i nemici, avrebbero avuto un impatto limitato senza l’ausilio di un’arma rivoluzionaria, ossia il dispositivo “LinguaViva”.

    Nella seconda fase questa critica assunse una connotazione biologica nel senso che non deduceva la forma di ciò che essi erano e delle loro capacità o conoscenze impossibili liberandoli dalla contingenza della loro natura epicurea, natura arbitraria che ne aveva plasmati i sentimenti. Gli avrebbe offerto la possibilità di non essere più vincolati a ciò che erano stati fino ad allora per mera sorte. 

    Persio II

    (Dalla poesia di Persio II: “La pioggia segreta”. Su Babilonia. Aquileia, 1911).

    «Mormoranti nubi, ondose di un cielo altero,
    pioggia segreta, qual velo, Babilonia distende.
    Le parole danzano, si prostrano al mistero,
    come un segreto codice che niuno intende.

    Gocce d’arcana sapienza, caduche di lentezza,
    nei solchi dell’idioma muta l’intender chiaro.
    Babilonia liquida, l’ordito nemico spezza,
    e la pioggia dilava il vetusto frasario.