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Rosario Purpura. 1940

    Rosario Purpura. 1940

    MINISTERO DELLE CORPORAZIONI
    SEGRETERIA
    DI S E. IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO[1]

    Roma, 31 gennaio 1940. XVIII

    Al Cavaliere del Lavoro LICINIO CAPPELLI[2]
    Editore

    = BOLOGNA =

    Apprendo con vivissimo piacere dalla stampa
    quotidiana che il Sovrano, su proposta del Mini-
    stro Bottai, Vi ha conferito la medaglia d’oro
    per i Benemeriti dell’Educazione Nazionale.
    Vi prego di gradire i miei sinceri ed affet-
    tuosi rallegramenti per la meritata distinzione
    che corona la Vostra instancabile attività.
    Con molti cordiali saluti

    Rosario Purpura[3]


    Note

    [1] Il Consiglio nazionale delle corporazioni è stato un organo costituzionale del Regno d’Italia tra il 1930 ed il 1943.

    Storia

    Il Consiglio nazionale delle corporazioni venne istituito con regi decreti 2 luglio 1926, n. 1131, e 14 luglio 1927, n. 1347.

    Fu inaugurato il 22 aprile 1930 dopo che, con legge 20 marzo 1930, n. 206, erano state disciplinate l’organizzazione e le funzioni ed era divenuto organo costituzionale. Nel discorso tenuto in occasione della sua inaugurazione Benito Mussolini ebbe a dire che “il Consiglio nazionale delle corporazioni è, nell’economia italiana, quello che lo Stato Maggiore è negli Eserciti: il cervello pensante che prepara e coordina”.
    Fu riformato con legge 5 gennaio 1939, n. 10. A partire dallo stesso anno, con l’istituzione della Camera dei fasci e delle corporazioni, i suoi componenti furono membri di diritto della stessa.
    Fu soppresso con regio decreto-legge 9 agosto 1943, n. 721.

    Struttura

    Il Consiglio nazionale delle corporazioni era presieduto dal capo del Governo o, per sua delega, dal Ministro delle corporazioni; la presidenza di sezioni, sottosezioni e commissioni speciali permanenti poteva anche essere delegata ad un sottosegretario di Stato del Ministero delle corporazioni. Un direttore generale dello stesso ministero ne era segretario generale.

    Il numero complessivo dei membri variò nel tempo, fino a superare i cinquecento. Ne facevano parte:
    i presidenti delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali fasciste e rappresentanti designati dalle medesime;
    ministri, sottosegretari di Stato e direttori generali dei ministeri economici e sociali;
    il Segretario e altri gerarchi del Partito Nazionale Fascista;
    i presidenti di alcune associazioni ed opere nazionali (quali l’Opera Nazionale del Dopolavoro e l’Associazione Nazionale Combattenti);
    esperti in organizzazione sindacale fascista, diritto ed economia corporativa ed altre discipline interessanti unicamente la produzione, commercio e profitto, designati dal Ministro delle corporazioni.

    Il Consiglio si articolava in:

    sette sezioni (professioni libere ed arti, industria e artigianato, agricoltura, commercio, comunicazioni interne, trasporti marittimi ed aerei, credito e assicurazione), alcune delle quali articolate in sottosezioni;
    commissioni speciali permanenti, costituite per la trattazione di singole materie di carattere generale e di ordine prevalentemente tecnico;
    il Comitato corporativo centrale, dove sedevano i soli presidenti delle confederazioni sindacali ed imprenditoriali, oltre agli esponenti del governo e del partito, con il compito di coordinare l’attività del Consiglio, assumere deliberazioni d’urgenza in luogo dell’Assemblea generale nell’intervallo tra le sue sedute e dare pareri riguardo agli orientamenti politici dell’azione sindacale;
    l’Assemblea generale, competente a deliberare sulle questioni interessanti l’intero ordinamento sindacale e corporativo dello Stato, ferma restando la possibilità di sottoporre alla stessa le questioni su cui si erano già pronunciate le sezioni o sottosezioni.

    Funzioni

    Il Consiglio nazionale delle corporazioni poteva formulare pareri su qualsiasi questione interessasse la produzione nazionale e, in particolare, su una serie di materie comprendenti:

    l’attuazione ed integrazione dei principi contenuti nella Carta del lavoro di Fiuggi;
    le proposte di legge riguardanti la disciplina della produzione e del lavoro;
    l’inquadramento sindacale delle varie categorie;
    il riconoscimento delle associazioni sindacali e la loro attività di tutela degli interessi di categoria ed assistenziale.
    Le associazioni sindacali di categoria potevano richiedere al Consiglio nazionale delle corporazioni, riunito in assemblea generale, la facoltà di determinare le tariffe per le prestazioni professionali dei propri rappresentati e di emanare regolamenti professionali con carattere obbligatorio per tutti gli appartenenti alla categoria.

    Spettava inoltre al Consiglio nazionale delle corporazioni:

    su richiesta del capo del Governo, la formazione di norme per il coordinamento dell’attività assistenziale, delle discipline dei rapporti di lavoro stabilite con contratti collettivi e di ogni altra attività normativa delle corporazioni;
    su richiesta delle associazioni sindacali, la formazione di norme per la regolamentazione dei rapporti economici collettivi fra le categorie rappresentate e la ratifica di accordi conclusi tra le stesse per tali finalità.
    In pratica, il Consiglio nazionale delle corporazioni ebbe sempre un ruolo piuttosto marginale e, a partire dal 1934, finì per essere soppiantato dal meno pletorico Comitato corporativo centrale, operante al suo interno.(fonte)

    [2] Licinio Cappelli. Nacque a Rocca San Casciano (Forlì) il 21 dic. 1864 da Federico, acceso mazziniano e patriota, e da Letizia Raggi. Il padre, proprietario di una piccola tipografia, aveva iniziato l’attività stampando nel 1851 i Regolamenti del Municipio della Rocca San Casciano e un Dizionario di agricoltura. Non esistendo nel paese scuole pubbliche, dapprima il C. fu affidato alle cure di un sacerdote, don Montanari, poi nel 1878 fu messo in collegio a Firenze, come esterno, dagli scolopi. Insofferente però di discipline scolastiche, e tormentato dalla nostalgia, ben presto fuggì e, dopo due giorni di marcia a piedi, fece ritorno a casa. Cominciò così a lavorare nella tipografia paterna nel novembre 1878.

    Alla morte del padre, il 12 luglio 1880, il C., sedicenne, si trovò a dirigere l’azienda: un vecchio torchio del 1747, poche casse di caratteri, una tagliatrice, e un grosso deficit di L. 70.000. Il notaio Agostino Berti, suo tutore, gli aprì un piccolo conto corrente. Lavorando sedici ore al giorno, con un esiguo numero di operai, il C. iniziò la gestione pubblicando un sillabario, che andava egli stesso a vendere alle scuole della Romagna. Lo stabilimento era esclusivamente attrezzato per commissioni commerciali, e la clientela era limitata al circondario. Il C. visitava i clienti, sollecitava le ordinazioni, tentava di riscuotere i crediti, percorrendo a piedi strade quasi intransitabili. La prima commissione di una certa importanza fu, nel 1883, l’edizione di una strenna dal titolo Fra sorelle, una specie di appendice al giornale per famiglie Mamma, diretto da Gualberta Beccari. Da allora ebbe inizio la regolare pubblicazione di volumi e riviste, tra cui da segnalare il Giornale araldico genealogico. Nel 1884 usciva una impegnativa pubblicazione, in francese con copertina a colori, l’Almanach héraldique et drolatique di G. di Crollalanza, cui seguì nel 1889 un saggio di F. Pasini, Umberto Biancamano, la prima pubblicazione recante la sigla “Licinio Cappelli Tipografo Editore”. Nel 1890 acquistava una macchina stampatrice a pedale e una a tavoletta, particolarmente adatta ai lavori editoriali.

    Verso gli inizi del 1900, ottenuta una commissione dal ministero dell’Agricoltura e saldati i vecchi debiti, il C. poteva guardare alla propria attività editoriale con ottimismo. Fin dal 1882 (contro il parere del tutore, preoccupato per la portata dell’impegno e la giovane età del C.) aveva rilevato dai fratelli Ademollo di Firenze la rivista Cordelia, un periodico per signorine diretto da Ida Baccini: curandone la diffusione fra educandati e collegi, riuscì a raddoppiarne la tiratura. Alla morte della Baccini (1911) la direzione fu affidata a Iolanda Plattis, poi a Bruna Maiocchi; ma il carattere moderatamente innovatore che questa conferì alla rivista non si rivelò economicamente positivo, e il C. cedette la pubblicazione. È di questi anni l’acquisto a Bologna, in comproprietà con L. Beltrami, ma riservandosi la prelazione, della libreria Treves, situata nella centrale via Farini. Poco dopo, con un prestito bancario, acquistava anche la libreria Zanichelli con l’annessa tipografia editrice: nel 1906, con la sigla “Ditta Nicola Zanichelli”, pubblicava Anima di T. Nediani, con prefazione di A. Fogazzaro. Dopo qualche tempo però rivendette a buone condizioni la Zanichelli a un gruppo editoriale di cui faceva parte il Bemporad. Nel 1912, ritiratosi il Beltrami, il C. rimase unico titolare della libreria di via Farini, dove nel 1914 trasferì anche la sede della casa editrice.

    Continuando a lavorare intensamente, il C. pose le basi di una solida espansione. Tenne personalmente i rapporti con gli autori, sapendo accordare fiducia a scrittori ancora sconosciuti come G. Deledda e I. Svevo, del quale pubblicò nel 1923 La coscienza di Zeno. Nello stesso anno aveva iniziato l’edizione dell’OperaOmnia di A. Oriani, ultimata nel 1933. Nel 1924 propose al governo, allo scopo di evitare la dispersione delle pubblicazioni che concernevano direttamente le leggi e i servizi dello Stato, l’istituzione di una Libreria dello Stato, di cui divenne direttore tecnico. Successivamente fu consigliere tecnico del Poligrafico dello Stato, che accentrava i lavori tipografici degli organismi governativi.

    Persuaso che per un buon editore fosse indispensabile conoscere a fondo i rami del commercio librario, tenne personali contatti col pubblico della sua libreria: apertane nel 1919 un’altra a Trieste, poi a Milano, Bolzano e Napoli, le ispezionò con molta frequenza. Con numerosi viaggi curò anche di persona la diffusione dei suoi libri, nonché la diretta conoscenza delle novità nel settore delle macchine tipografiche.

    Aveva sposato nel 1887 Antonietta Casanti, e i figli maschi li immise nell’azienda, cercando di far sì che ognuno, pur conoscendo il quadro generale della ditta, si dedicasse però particolarmente a un settore particolare per dirigerlo con maggior competenza. Così il primogenito Federigo resse le Arti grafiche Cappelli con lo stabilimento di Rocca San Casciano, Umberto la produzione editoriale e in particolare il settore medico, Araldo il settore scolastico, Carlo Alberto, infine, l’organizzazione generale.

    Morì a Bologna il 10 febbr. 1952. Aveva ricoperto numerose cariche nell’Associazione editori italiani, di cui era decano.

    La collana “Letteratura di guerra”, iniziata nel 1921, raccoglieva opere di combattenti della guerra 1915-18: di carattere memorialistico-documentario presentò il Diario di un imboscato di A. Frescura (1921) e la prima edizione di Scarpe al sole di P. Monelli (1922).

    Dal 1926 al 1952 il C. realizzò importanti imprese editoriali. Si possono ricordare la monografia in 5 volumi a cura di M. Maylender, Storia delle Accademie d’Italia (1926-1930); l’edizione critica dei Canti di G. Leopardi, a cura di F. Moroncini (1927); gli scritti di G. Garibaldi in 6 voll. (1932-1936).

    La collana “Classici del pensiero politico” promossa dall’Ist. fascista di cultura, presentò nel 1930 Della ragion di Stato di G. Botero (a cura di C. Morandi), nel 1932 La democrazia in America di A. De Tocqueville (G. Candeloro), nel 1936 Il pensiero politico di V. Cuoco (G. Tarroni) e i Saggi politici di M. Pagano (F. Collotti), nel 1937 Stato e Chiesa di P. Giannone (N. e F. Nicolini) e gli Economisti ital. dei secc. XVII e XVIII (E. Tagliacozzo), nel 1938 le Riflessioni sulla rivol. francese di E. Burke (V. Beonio Brocchieri).

    Attente cure furono rivolte alle pubblicazioni dedicate alle discipline mediche: la collana “Classici italiani della medicina” iniziata nel 1930, in forma ampia e attraverso le firme più autorevoli, accolse trattati di ginecologia, chirurgia, otorinolaringoiatria, radiologia, endocrinologia e biologia. Nel 1930 pubblicava l’Anatomia di Mondino de’ Liuzzi, riprodotta da un codice bolognese del sec. XIV e volgarizzata nel sec. XV, a cura di L. Sighinolfi; nel 1936 i Consultimedici di G. Morgagni, a cura di E. Benassi; nel 1937 Berengario da Carpi di V. Putti. Fra gli altri testi della collana apparirono, tra il 1940 e il 1951, il Trattato di patologia e clinica otorinolaringoiatrica di P.Caliceti, Le fratture vertebrali di V. Putti e O. Scaglietti, la Zoologia generale e speciale di A. Ghigi. Affiancarono la collana manuali pratici e monografie, e diciotto Archivi scientifici che il C. pubblicò con la collaborazione del figlio Umberto.

    L’interesse per la storia italiana gli fece realizzare, sotto l’egida dell’Istituto di studi romani, la Storia di Roma, opera in 30 volumi, iniziata nel 1938, ancora in via di completamento, che trattò con ricchezza di documentazione, anche iconografica, la storia, l’arte e la vita sociale di Roma fino ai nostri giorni. La collana “Roma cristiana” si affiancò alla precedente; diretta da G. Galassi Paluzzi, nel 1952 era giunta al V volume.

    Vivo fu anche nel C. l’interesse per la storia contemporanea e la memorialistica. La collana “Testimoni per la storia del nostro tempo” offrì dati e testimonianze su personaggi e vicende della seconda guerra mondiale. Vi figurano il Diario di G. Ciano (1948), Comando supremo di U. Cavallero (1948), le Memorie di F. von Papen (1952), Guerra e pace di Foster Dulles (1952). Alla ricerca storica fu dedicata la collana “Storia e vita” iniziata nel 1949, che raccolse studi sulle vicende di paesi europei, come la Storia di Francia di F. Bainville (1956), la Storia di Spagna di S. De Madariaga (1957), la Storia della Germania di P. Lafue (1958). Sempre nel campo degli studi storici si collocarono anche le collane “Cardinali nella vita e nella storia”, che documentò l’opera svolta dai più famosi principi della Chiesa, e “Arcobaleno”, più specificamente divulgativa.
    Negli ultimi mesi di vita il C. aveva gettato le basi di una collana di “Classici latini”, e una dedicata agli “Scrittori italiani”, diretta da G. Crocioni.(fonte)

    ​[3] Rosario Purpura nacque a Geraci Siculo il 9 gennaio 1905. Dopo aver completato le scuole elementari nel suo paese natale, proseguì gli studi all’Università di Palermo, dove conseguì con il massimo dei voti una laurea in Giurisprudenza e, nel novembre 1927, una seconda laurea in Scienze Economiche, Politiche e Sociali. (fonte)

    Nel giugno 1928, Purpura entrò nell’Amministrazione dello Stato, vincendo un concorso per esami presso il Ministero delle Corporazioni. Durante il periodo in cui Renato Ricci ricoprì la carica di Ministro delle Corporazioni (dal 31 ottobre 1939 al 5 febbraio 1943), Purpura operò all’interno del ministero. (fonte)

    Nel giugno 1944, con la trasformazione del Ministero delle Corporazioni nel Ministero dell’Industria, Commercio e Lavoro, Purpura fu nominato capo della Divisione delle vertenze e dei contratti collettivi di lavoro presso la Direzione Generale del Lavoro. Successivamente, nel maggio 1948, fu promosso Ispettore Generale e, nel 1951, assunse la carica di Direttore Generale del Lavoro.(fonte)

    Per ulteriori dettagli sulla struttura amministrativa del Ministero delle Corporazioni nel 1940, sulla “Guida alle fonti sussidiarie per la storia del Ministero delle Corporazioni”, che offre una panoramica delle divisioni e dei ruoli all’interno del ministero in quel periodo.(fonte)